CATECHESI ADULTI ANNO 2024-2025



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CATECHESI ADULTI 2023-2024














































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CATECHESI ADULTI SECONDO INCONTRO
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CATECHESI ADULTI PRIMO INCONTRO
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Primo incontro di catechesi per adulti 2022
MESSAGGIO DEL PAPA FRANCESCO PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2022
«Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra»
Cari fratelli e sorelle!
Queste parole appartengono all’ultimo colloquio di Gesù Risorto con i suoi discepoli, prima di ascendere al Cielo, come descritto negli Atti degli Apostoli: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (1,8). E questo è anche il tema della Giornata Missionaria Mondiale 2022, che come sempre ci aiuta a vivere il fatto che la Chiesa è per sua natura missionaria. Quest’anno essa ci offre l’occasione di commemorare alcune ricorrenze rilevanti per la vita e missione della Chiesa: la fondazione, 400 anni fa, della Congregazione de Propaganda Fide – oggi per l’Evangelizzazione dei Popoli – e, 200 anni fa, dell’Opera della Propagazione della Fede, che, insieme all’Opera della Santa Infanzia e all’Opera di San Pietro Apostolo, 100 anni fa hanno ottenuto il riconoscimento di “Pontificie”.
Fermiamoci su queste tre espressioni-chiave che riassumono i tre fondamenti della vita e della missione dei discepoli: «Mi sarete testimoni», «fino ai confini della terra» e «riceverete la forza dallo Spirito Santo».
1. «Di me sarete testimoni» – La chiamata di tutti i cristiani a testimoniare Cristo
È il punto centrale, il cuore dell’insegnamento di Gesù ai discepoli in vista della loro missione nel mondo. Tutti i discepoli saranno testimoni di Gesù grazie allo Spirito Santo che riceveranno: saranno costituiti tali per grazia. Ovunque vadano, dovunque siano. Come Cristo è il primo inviato, cioè missionario del Padre (cfr Gv 20,21) e, in quanto tale, è il suo “testimone fedele” (cfr Ap 1,5), così ogni cristiano è chiamato a essere missionario e testimone di Cristo. E la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo. L’identità della Chiesa è evangelizzare.
Una rilettura d’insieme più approfondita ci chiarisce alcuni aspetti sempre attuali per la missione affidata da Cristo ai discepoli: «Di me sarete testimoni». La forma plurale sottolinea il carattere comunitario-ecclesiale della chiamata missionaria dei discepoli. Ogni battezzato è chiamato alla missione nella Chiesa e su mandato della Chiesa: la missione perciò si fa insieme, non individualmente, in comunione con la comunità ecclesiale e non per propria iniziativa. E se anche c’è qualcuno che in qualche situazione molto particolare porta avanti la missione evangelizzatrice da solo, egli la compie e dovrà compierla sempre in comunione con la Chiesa che lo ha mandato. Come insegnava San Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, documento a me molto caro: «Evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale. Allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo, raduna la sua piccola comunità o amministra un Sacramento, anche se si trova solo compie un atto di Chiesa, e il suo gesto è certamente collegato mediante rapporti istituzionali, ma anche mediante vincoli invisibili e radici profonde dell’ordine della grazia, all’attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa» (n. 60). Infatti, non a caso il Signore Gesù ha mandato i suoi discepoli in missione a due a due; la testimonianza dei cristiani a Cristo ha un carattere soprattutto comunitario. Da qui l’importanza essenziale della presenza di una comunità, anche piccola, nel portare avanti la missione.
In secondo luogo, ai discepoli è chiesto di vivere la loro vita personale in chiave di missione: sono inviati da Gesù al mondo non solo per fare la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione a loro affidata; non solo per dare testimonianza, ma anche e soprattutto per essere testimoni di Cristo. Come dice l’apostolo Paolo con parole davvero commoventi: «Portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2 Cor 4,10). L’essenza della missione è il testimoniare Cristo, vale a dire la sua vita, passione, morte, e risurrezione per amore del Padre e dell’umanità. Non è un caso che gli Apostoli abbiano cercato il sostituto di Giuda tra coloro che, come loro, erano stati testimoni della sua resurrezione (cfr At 1,22). È Cristo, e Cristo risorto, Colui che dobbiamo testimoniare e la cui vita dobbiamo condividere. I missionari di Cristo non sono inviati a comunicare sé stessi, a mostrare le loro qualità e capacità persuasive o le loro doti manageriali. Hanno, invece l’altissimo onore di offrire Cristo, in parole e azioni, annunciando a tutti la Buona Notizia della sua salvezza con gioia e franchezza, come i primi apostoli.
Perciò, in ultima analisi, il vero testimone è il “martire”, colui che dà la vita per Cristo, ricambiando il dono che Lui ci ha fatto di Sé stesso. «La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più» (Evangelii gaudium, 264).
Infine, a proposito della testimonianza cristiana, rimane sempre valida l’osservazione di San Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii nuntiandi, 41). Perciò è fondamentale, per la trasmissione della fede, la testimonianza di vita evangelica dei cristiani. D’altra parte, resta altrettanto necessario il compito di annunciare la sua persona e il suo messaggio. Infatti, lo stesso Paolo VI così prosegue: «Sì, è sempre indispensabile la predicazione, questa proclamazione verbale di un messaggio. […] La parola resta sempre attuale, soprattutto quando è portatrice della potenza di Dio. Per questo resta ancora attuale l’assioma di S. Paolo: “La fede dipende dalla predicazione” (Rm 10,17): è appunto la Parola ascoltata che porta a credere» (ibid., 42).
Nell’evangelizzazione, perciò, l’esempio di vita cristiana e l’annuncio di Cristo vanno insieme. L’uno serve all’altro. Sono i due polmoni con cui deve respirare ogni comunità per essere missionaria. Questa testimonianza completa, coerente e gioiosa di Cristo sarà sicuramente la forza di attrazione per la crescita della Chiesa anche nel terzo millennio. Esorto pertanto tutti a riprendere il coraggio, la franchezza, quella parresia dei primi cristiani, per testimoniare Cristo con parole e opere, in ogni ambiente di vita.
2. «Fino ai confini della terra» – L’attualità perenne di una missione di evangelizzazione universale
Esortando i discepoli a essere i suoi testimoni, il Signore risorto annuncia dove essi sono inviati: «A Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). Emerge ben chiaro qui il carattere universale della missione dei discepoli. Si mette in risalto il movimento geografico “centrifugo”, quasi a cerchi concentrici, da Gerusalemme, considerata dalla tradizione giudaica come centro del mondo, alla Giudea e alla Samaria, e fino “all’estremità della terra”. Non sono mandati a fare proselitismo, ma ad annunciare; il cristiano non fa proselitismo. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano questo movimento missionario: esso ci dà una bellissima immagine della Chiesa “in uscita” per compiere la sua vocazione di testimoniare Cristo Signore, orientata dalla Provvidenza divina mediante le concrete circostanze della vita. I primi cristiani, in effetti, furono perseguitati a Gerusalemme e perciò si dispersero in Giudea e Samaria e testimoniarono Cristo dappertutto (cfr At 8,1.4).
Qualcosa di simile ancora accade nel nostro tempo. A causa di persecuzioni religiose e situazioni di guerra e violenza, molti cristiani sono costretti a fuggire dalla loro terra verso altri Paesi. Siamo grati a questi fratelli e sorelle che non si chiudono nella sofferenza ma testimoniano Cristo e l’amore di Dio nei Paesi che li accolgono. A questo li esortava San Paolo VI considerando la «responsabilità che spetta agli emigranti nei Paesi che li ricevono» (Evangelii nuntiandi, 21). In effetti, sempre più sperimentiamo come la presenza dei fedeli di varie nazionalità arricchisce il volto delle parrocchie e le rende più universali, più cattoliche. Di conseguenza, la cura pastorale dei migranti è un’attività missionaria da non trascurare, che potrà aiutare anche i fedeli locali a riscoprire la gioia della fede cristiana che hanno ricevuto.
L’indicazione “fino ai confini della terra” dovrà interrogare i discepoli di Gesù di ogni tempo e li dovrà spingere sempre ad andare oltre i luoghi consueti per portare la testimonianza di Lui. Malgrado tutte le agevolazioni dovute ai progressi della modernità, esistono ancora oggi zone geografiche in cui non sono ancora arrivati i missionari testimoni di Cristo con la Buona Notizia del suo amore. D’altra parte, non ci sarà nessuna realtà umana estranea all’attenzione dei discepoli di Cristo nella loro missione. La Chiesa di Cristo era, è e sarà sempre “in uscita” verso i nuovi orizzonti geografici, sociali, esistenziali, verso i luoghi e le situazioni umane “di confine”, per rendere testimonianza di Cristo e del suo amore a tutti gli uomini e le donne di ogni popolo, cultura, stato sociale. In questo senso, la missione sarà sempre anche missio ad gentes, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II, perché la Chiesa dovrà sempre spingersi oltre, oltre i propri confini, per testimoniare a tutti l’amore di Cristo. Vorrei in proposito ricordare e ringraziare i tanti missionari che hanno speso la vita per andare “oltre”, incarnando la carità di Cristo verso i tanti fratelli e sorelle che hanno incontrato.
3. «Riceverete la forza dallo Spirito Santo» – Lasciarsi sempre fortificare e guidare dallo Spirito
Annunciando ai discepoli la loro missione di essere suoi testimoni, Cristo risorto ha promesso anche la grazia per una così grande responsabilità: «Riceverete la forza dello Spirito Santo e di me sarete testimoni» (At 1,8). Effettivamente, secondo il racconto degli Atti, proprio in seguito alla discesa dello Spirito Santo sui discepoli di Gesù è avvenuta la prima azione di testimoniare Cristo, morto e risorto, con un annuncio kerigmatico, il cosiddetto discorso missionario di San Pietro agli abitanti di Gerusalemme. Così comincia l’era dell’evangelizzazione del mondo da parte dei discepoli di Gesù, che erano prima deboli, paurosi, chiusi. Lo Spirito Santo li ha fortificati, ha dato loro coraggio e sapienza per testimoniare Cristo davanti a tutti.
Come «nessuno può dire: “Gesù è Signore”, se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1 Cor 12,3), così nessun cristiano potrà dare testimonianza piena e genuina di Cristo Signore senza l’ispirazione e l’aiuto dello Spirito. Perciò ogni discepolo missionario di Cristo è chiamato a riconoscere l’importanza fondamentale dell’agire dello Spirito, a vivere con Lui nel quotidiano e a ricevere costantemente forza e ispirazione da Lui. Anzi, proprio quando ci sentiamo stanchi, demotivati, smarriti, ricordiamoci di ricorrere allo Spirito Santo nella preghiera, la quale – voglio sottolineare ancora – ha un ruolo fondamentale nella vita missionaria, per lasciarci ristorare e fortificare da Lui, sorgente divina inesauribile di nuove energie e della gioia di condividere con gli altri la vita di Cristo. «Ricevere la gioia dello Spirito è una grazia. Ed è l’unica forza che possiamo avere per predicare il Vangelo, per confessare la fede nel Signore» (Messaggio alle Pontificie Opere Missionarie, 21 maggio 2020). Così è lo Spirito il vero protagonista della missione: è Lui a donare la parola giusta al momento giusto nel modo giusto.
È alla luce dell’azione dello Spirito Santo che vogliamo leggere anche gli anniversari missionari di questo 2022. L’istituzione della Sacra Congregazione de propaganda fide, nel 1622, fu motivata dal desiderio di promuovere il mandato missionario in nuovi territori. Un’intuizione provvidenziale! La Congregazione si è rivelata cruciale per rendere la missione evangelizzatrice della Chiesa veramente tale, indipendente cioè dalle ingerenze dei poteri mondani, al fine di costituire quelle Chiese locali che oggi mostrano tanto vigore. Ci auguriamo che, come nei quattro secoli passati, la Congregazione, con la luce e la forza dello Spirito, continui e intensifichi il suo lavoro nel coordinare, organizzare, animare le attività missionarie della Chiesa.
Lo stesso Spirito, che guida la Chiesa universale, ispira anche uomini e donne semplici per missioni straordinarie. Ed è stato così che una ragazza francese, Pauline Jaricot, ha fondato esattamente 200 anni fa l’Associazione della Propagazione della Fede; la sua beatificazione si celebra in quest’anno giubilare. Pur in condizioni precarie, lei accolse l’ispirazione di Dio per mettere in moto una rete di preghiera e colletta per i missionari, in modo che i fedeli potessero partecipare attivamente alla missione “fino ai confini della terra”. Da questa idea geniale nacque la Giornata Missionaria Mondiale che celebriamo ogni anno, e la cui colletta in tutte le comunità è destinata al fondo universale con il quale il Papa sostiene l’attività missionaria.
In questo contesto ricordo anche il Vescovo francese Charles de Forbin-Janson, che iniziò l’Opera della Santa Infanzia per promuovere la missione tra i bambini con il motto “I bambini evangelizzano i bambini, i bambini pregano per i bambini, i bambini aiutano i bambini di tutto il mondo”; come pure la signora Jeanne Bigard, che diede vita all’Opera di San Pietro Apostolo per il sostegno dei seminaristi e dei sacerdoti in terra di missione. Queste tre Opere missionarie sono state riconosciute come “pontificie” proprio cent’anni fa. Ed è stato pure sotto l’ispirazione e la guida dello Spirito Santo che il Beato Paolo Manna, nato 150 anni or sono, fondò l’attuale Pontificia Unione Missionaria per sensibilizzare e animare alla missione i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutto il popolo di Dio. Di quest’ultima Opera fece parte lo stesso Paolo VI, che le confermò il riconoscimento pontificio. Menziono queste quattro Pontificie Opere Missionarie per i loro grandi meriti storici e anche per invitarvi a gioire con esse in questo anno speciale per le attività svolte a sostegno della missione evangelizzatrice nella Chiesa universale e in quelle locali. Auspico che le Chiese locali possano trovare in queste Opere un solido strumento per alimentare lo spirito missionario nel Popolo di Dio.
Cari fratelli e sorelle, continuo a sognare la Chiesa tutta missionaria e una nuova stagione dell’azione missionaria delle comunità cristiane. E ripeto l’auspicio di Mosè per il popolo di Dio in cammino: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!» (Nm 11,29). Sì, fossimo tutti noi nella Chiesa ciò che già siamo in virtù del battesimo: profeti, testimoni, missionari del Signore! Con la forza dello Spirito Santo e fino agli estremi confini della terra. Maria, Regina delle missioni, prega per noi!






CATECHESI ADULTI 2020-2021


























Testi della catechesi degli adulti 2019-2020






TESTI DELLA CATECHESI PER ADULTI 2018-2019













































































































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RICORDO DI PADRE KENNETH






















































































































































I MIRACOLI DI GESU’ DI NAZARETH
LA PESCA MIRACOLOSA
Luca 5,1-11. 1 Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret 2 e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3 Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
4 Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». 5 Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6 E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. 7 Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. 8 Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». 9 Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; 10 così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». 11 Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
LA GUARIGIONE DEL LEBBROSO
Luca 5, 12-16. 12Mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». 13Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. 14Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va' invece a mostrarti al sacerdote e fa' l'offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro». 15Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie.16Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.
La parola “miracolo” deriva dall’aggettivo latino “mirum” che ha il significato di portento, prodigio, evento meraviglioso.
ETIMOLOGIA DEL TERMINE “MIRACOLO”
Se il “miracolo” è un “evento sensibile che trascende le cause della natura”, · si corre il rischio di escludere l’umano dal progetto divino della salvezza; · in sostanza Dio è colui che fa il miracolo (soggetto); · l’uomo è colui che lo riceve (oggetto). · mancherebbe la corresponsabilità dell’uomo cristiano al progetto di un Dio Salvatore.
IL TERMINE “MIRACOLO” NELLA TRADIZIONE TEOLOGICA
I traduttori moderni, che hanno alle spalle tutta la tradizione teologica del miracolo, mostrano disagio nell’uso del termine, per non dire che lo evitano. La parola “miracolo” è talvolta usata nella traduzione italiana della Sacra Bibbia della CEI a motivo del forte impatto storico, ma i termini più utilizzati negli scritti del NT sono altri: · potenza (testo greco “dynamis”) · segno (testo greco “semeion”) · opere (testo greco “erga”
IN CHE MODO VIENE TRADOTTO IL TERMINE “MIRACOLO” NEL NUOVO TESTAMENTO?
potenza
Il principale termine del NT che traduce la parola “miracolo”, è quello di “potenza (dynamis)”; esso compare 119 volte ed è adoperato tanto al singolare, quanto al plurale. Assume sia un senso attivo di “potere miracoloso”, quanto il significato passivo di “azione miracolosa” E subito Gesù, essendosi reso conto della forza (dynamis) che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?” (Mc 5,30); E lì non poteva compiere nessun prodigio (dynamis), ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì (Mc 6,5)
Segno
Il termine “segno” è meno frequente del primo (77 volte) ed ha molti usi: dalla possibilità di indicare un “segno convenuto” (cfr. Mt 26,48) fino ai segni apocalittici (cfr. Lc 21, 25). Nell’ambito dei miracoli indica la possibilità a legittimare colui che lo compie come “venuto da Dio” (come ad es. era accaduto per Mosè, colui che attraverso i segni si è fatto parola visibile di Dio). Sarà specialmente l’evangelista Giovanni nel quarto Vangelo a sviluppare questa possibilità in maniera originale Allora i giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?” (Gv 2,18)
Opere
L’ultimo termine importante è quello di “opere (erga)”, usato sia al singolare che al plurale. Mediante questo termine l’agire di Gesù è messo sempre in relazione con l’opera del Padre (Gv 5, 36) (6) Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3)
LA TIPOLOGIA DEI RACCONTI DI MIRACOLO
E’ impossibile fare qui un elenco di tutti i miracoli di Gesù; esistono tra gli altri ottimi testi su questo. Però possiamo velocemente trattare una catalogazione elementare dei racconti di miracolo: GUARIGIONI Sono uno dei casi più frequenti di miracolo, impostati su elementi che ritornano regolari: presentazione del malato e della malattia; invocazione di aiuto; l’intervento di Gesù attraverso una parola o un gesto; la guarigione; la constatazione. Un esempio bellissimo di guarigione è il brano dell’emorroissa di Mc 5, 25- 34 e paralleli
ESORCISMI Per avere un racconto di tal genere non occorre che la malattia sia ricondotta per forza alla possessione demoniaca, ma sono necessari e caratteristici dei tratti costitutivi: l’indemoniato è vittima passiva; tra esorcista e demonio avviene uno scontro che non esclude anche la violenza; cacciata del demonio (con effetti dolorosi sulla vittima e spesso sull’ambiente). Per un esempio di miracolo di esorcismo di forte impatto si può vedere il brano dell’indemoniato di Gerasa in Mc 5, 1-20 e paralleli
DONI PRODIGIOSI NON RICHIESTI Tre sono i caratteri distintivi di questi miracoli: l’iniziativa di Gesù; lo svolgimento dell’azione non è appariscente; enfasi alla constatazione del miracolo. Uno dei brani più famosi e conosciuti è di sicuro le nozze di Cana (Gv 2, 1-11)
“EPIFANIE” MIRACOLOSE Sono avvenimenti prodigiosi che hanno a che fare con l’identità profonda di Gesù: il cammino sulle acque; i segni che accompagnano il Battesimo (i cieli squarciati e la voce); la trasfigurazione (si veda il denso racconto di Mt 17, 1- 13 e paralleli); la morte; ecc.
GESTI MIRACOLOSI ISTRUTTIVI Sono episodi non facili da qualificare in cui il potere di Cristo si esercita su oggetti, animali, piante e in cui l’azione straordinaria ha sempre funzione di insegnamento. Si veda ad es. il fico sterile in Mt 21, 18-22 e Mc 11, 12- 14.20-24. Da questa veloce carrellata di situazioni ed esempi cominciamo a trarre una prima conclusione: il dato di fatto che tutti gli interpreti contemporanei ricavano dai miracoli di Gesù è la loro necessaria valenza simbolica. Ciò non attenua la verità storica dei fatti raccontati, ma propone una comprensione consapevole che i vangeli raccontano i miracoli in modo da superare, trascendere il semplice portato materiale dei fatti. In parole semplici: dietro ogni miracolo compiuto da Gesù c’è da ricavarne il significato valido per ogni credente che ascolta o vede i fatti accaduti.
1)Cosa significhi il termine miracolo e in che modo il miracolo si fa segno del potere salvifico di Gesù ?
2) Qual è il valore del miracolo per l’uomo contemporaneo?
3) Quanto sono consapevole del senso profondo del miracolo rispetto al significato che esso assume per la mia fede, o quanto invece mi avvicino al miracolo solo con il desiderio di eliminare malattie, dolori, sofferenze e anche la morte attraverso un gesto risanatore di Gesù o dei suoi continuatori nella storia (discepoli, santi, Maria)?
IL VALORE DEL MIRACOLO PER L’UOMO D’OGGI
L’approccio dell’uomo postmoderno al miracolo è oggi estremamente ambiguo. · Da una parte assistiamo a forme che sfiorano il fanatismo nei confronti di eventi prodigiosi che, raramente conducono ad un serio atto di fede, quando addirittura non diventano “bidoni per gente credulona”; · da un’altra parte è dato osservare un imponente calo di interesse che tocca il limite della sfiducia. Sembra quasi che il miracolo sia giudicato insostenibile perché non all’altezza delle esigenze culturali dell’uomo moderno. La scienza, indagando sull’origine e la natura di certi fenomeni, restringe sempre più l’area del “misterioso”. Anche la filosofia moderna ha escluso l’intervento della divinità sulla natura per produrne qualche effetto.
La scienza, indagando sull’origine e la natura di certi fenomeni, restringe sempre più l’area del “misterioso”. Anche la filosofia moderna ha escluso l’intervento della divinità sulla natura per produrne qualche effetto.
Il pensatore odierno ha una concezione secolarizzata della natura stessa e ne propugna la totale autonomia rispetto a Dio, ne difende la completa separazione ed esclude interferenze tra Dio e il mondo (12) La possibilità del miracolo è contestata come violazione delle leggi della natura ad opera di Dio.




COME SALVA GESU’
Gesù continua a sorprendermi: penso alla sua coerenza. Egli non solo ha insegnato ed invitato gli altri ad amare, ma l’amore verso i nemici l’ha praticato e vissuto sulla sua pelle...
GESÙ SAPEVA E VOLEVA
Gesù sapeva. Possiamo farci un'idea della psicologia d'un uomo che prevede nettamente un martirio morale e fisico, quale Gesù sopportò? Egli predisse più volte, in momenti di traboccante coscienza, la sua passione ai suoi discepoli. La narrazione evangelica è piena di queste confidenze profetiche, che dimostrano la straziante prescienza di Gesù circa il destino che l'attendeva. Egli conosceva l' «ora sua». Questa dell' «ora sua» sarebbe una meditazione interessantissima per penetrare un po' nell'animo di Cristo. L’evangelista Giovanni vi dedica indicazioni frequenti e preziose; Cristo, si direbbe, ha continuamente davanti a sé l'orologio del tempo futuro, e di quello presente riferito ai cicli misteriosi degli avvenimenti visti da Dio; le profezie del passato e quelle del futuro sono un libro aperto davanti al suo occhio divino.
Gesù voleva. Il carattere volontario della passione di Cristo risulta da tante sue testimonianze evangeliche. Quando, ad esempio, egli predice ai suoi discepoli che occorreva andare a Gerusalemme, per ivi soffrire assai e per esservi ucciso, Pietro protesta e vuole distogliere Gesù da tale sorte, Gesù rimprovera Pietro, aspramente; e ripeterà il rimprovero quando Pietro, nel Getsemani, vorrà difenderlo con la spada: «Metti la tua spada nel fodero, gli dirà; non berrò il calice che il Padre mio mi ha dato?» Gv. 18, 11. Ricordiamo ancora ciò che l'evangelista Marco riferisce: «, .. il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita in redenzione per molti» (Mc. 10,45) . Paolo VI
Marco 14,26-42
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri. Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell'ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
IL VOLTO DI CRISTO
Se riflettiamo a questa vocazione di Gesù, una vocazione di dolore e di sacrificio, possiamo immaginare qualche tratto del volto di Cristo. Un apocrifo forse indovinò: Gesù non rise mai; pianse talvolta; e volentieri lo immaginiamo sorridere dolcemente ai bambini. Ma quale interiore sofferenza Gesù portò durante tutta la sua vita nel cuore assaporando l'imminente passione! Lo possiamo intuire dalla scena del Getsemani. Eppure non era stoico, non era triste: era librato in una comunione interiore e superiore col Padre. E possiamo rilevare qualche tratto distintivo della sua figura morale, del suo cuore: Gesù era buono d'una bontà divina; aveva l'intelligenza del dolore e delle angustie altrui; sapeva comprendere, perdonare e riabilitare. Sono noti i suoi incontri con i peccatori. Gesù è stato magnificamente capito e definito, nella discussione cristologica contemporanea, «l'uomo per gli altri». Sì. E San Paolo, cioè tutta la teologia del Nuovo Testamento e della Tradizione cattolica, vide in fondo il segreto della vita terrena di Gesù; il perché, lo scopo della incarnazione, e dice fino a quale forma e a quale misura Gesù fu per gli altri: «Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le scritture» (l Cr. 15,3). Gesù venne al mondo per noi e per la nostra salvezza. Gesù questo fece: ci salvò. Egli si chiamava appunto così Gesù, che significa Salvatore. E ci salvò facendosi vittima per la nostra redenzione. Mistero questo di abbassamento dell'uomo-Gesù, che si fonde con
quello di sublimazione dell'uomo Gesù ch'è l'incarnazione, e che entra nelle più importanti verità del sistema teologico cristiano, cioè. per accennare, nel disegno eterno, e solo pienamente svelato con Cristo, dell'amore di Dio per noi, nel dogma tremendo e oscuro, ma indispensabile, diceva Pascal, perché senza di esso nulla potremmo sapere di noi stessi, e nel valore sacrificale della passione del Signore; universale e sostitutivo dell'espiazione altrimenti da noi dovuta e a noi impossibile (Pensées,434). Ecco l'opera finale e totale di Cristo, la redenzione. La quale entra così nei destini umani da stabilire un possibile, libero e auspicatissimo rapporto di ciascuno di noi, personalmente, con nostro Signore Gesù Cristo: «Egli ci ha amati, proclama San Paolo, e si è immolato per me» :Ef. 5, 2). Per me: qui, fratelli e figli carissimi, comincia per ciascuno di noi la vita cristiana, vita d'amore, che a noi giunge: luce, fuoco, sangue di Cristo, nello Spirito: e amore, che da noi va, come può, con tutte le forze, verso Cristo e in cerca dei fratelli, sempre nello Spirito. Paolo VI .
Egli non ci condanna, ma vuole salvarci, curarci, desidera attenuare il nostro dolore, la nostra sofferenza, la nostra paura prendendo su di Sé le nostre fragilità e redimendole...
· Perché dovrei vivere sulla mia pelle, fino in fondo l’insegnamento coerente del Maestro?
· La mia fede è abbastanza matura e robusta da vivere la radicalità dell’amore verso nemici?
· Quali sentimenti ed emozioni si oppongono nella direzione opposta alla legge dell’Amore? (orgoglio, difesa, paura, vendetta, debolezza, odio, senso di giustizia personale, ... )
· Penso a quella volta in cui sono riuscito ad amare quella persona, quella situazione nonostante...
· Penso a quella volta in cui mi sono vendicato per il torto ricevuto... cosa ho provato?
Penso alle situazioni conflittuali, alle guerre fratricide che si vivono oggi nel mondo, agli orrori della cronaca nera, agli abusi che subiscono le persone più fragili e più vulnerabili, penso ai “miei nemici” più o meno prossimi, nei legami e negli affetti. Come è possibile pregare, contemplare, affidarsi, credere nell’Amore di un Dio che “ fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”?
Alla sua sequela, quanto la nostra vita comunitaria è ispirata dalle parole e dall’Amore verso i nemici vissuto sulla propria pelle da Gesù?
Quali pensieri, quali sentimenti, quale verifica della nostra comunità suscitano in noi i testi proposti?
Papa Francesco, Udienza Generale Mercoledì 27 agosto 2014 «Tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). La Chiesa ha cercato fin dall’inizio di realizzare questo proposito che sta tanto a cuore a Gesù. Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che i primi cristiani si distinguevano per il fatto di avere «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32); l’apostolo Paolo, poi, esortava le sue comunità a non dimenticare che sono «un solo corpo» (1 Cor 12,13). L’esperienza, però, ci dice che sono tanti i peccati contro l’unità. E non pensiamo solo agli scismi, pensiamo a mancanze molto comuni nelle nostre comunità, a peccati “parrocchiali”, a quei peccati nelle parrocchie. A volte, infatti, le nostre parrocchie, chiamate ad essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente segnate da invidie, gelosie, antipatie… E le chiacchiere sono alla portata di tutti. Quanto si chiacchiera nelle parrocchie! Questo non è buono. Ad esempio quando uno viene eletto presidente di quella associazione, si chiacchiera contro di lui. E se quell’altra viene eletta presidente della catechesi, le altre chiacchierano contro di lei. Ma, questa non è la Chiesa. Questo non si deve fare, non dobbiamo farlo! Bisogna chiedere al Signore la grazia di non farlo. Questo succede quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le cose, e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli, invece che alle loro doti; quando diamo più peso a quello che ci divide, invece che a quello che ci accomuna…».
Domande per la riflessione comunitaria
· La mia verifica sulla pratica del comandamento della carità trova il suo punto di riferimento nella perfezione d’amore del Padre? Oppure si ferma a confini posti da me stesso?
· Quanti escludo dal mio amore? In che modo?
· Come si vive in una famiglia o comunità dove si giudica e condanna, non si perdona e non si dà nulla? · È possibile far del bene senza aspettare il contraccambio?


L’AMORE VERSO I NEMICI
“Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico:amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. (Mt 5,43-48).
· Queste parole hanno un fascino particolare che aumenta nel momento in cui riflettiamo al fatto che Gesù queste cose non le ha solo dette ma anche e soprattutto vissute sulla propria pelle.
· Inoltre tutte le volte che le ascoltiamo dovremo sempre pensare che questi versetti ci interessano profondamente perché siamo stati salvati da qualcuno che le ha vissute per noi, morendo per noi quando eravamo peccatori, nemici e stranieri di questi linguaggi soprattutto con la vita.
Quando poi rileggiamo questo testo inserito nel Vangelo comprendiamo lo stile assolutamente non aggressivo di Gesù..
- · La legittimazione del pagamento della tassa ai romani (cfr. Mc. 12, 13,17)
- · l'amicizia di Gesù coi collaborazionisti pubblicani fino al fatto di scegliere tra i suoi, due figure così opposte come un pubblicano, Matteo e uno zelota, Simone
- · cfr. Mt. 38, 42 e seg.
- · Cfr. Gv. 18, 22-24 sono la chiarificazione di questa continuità nella vita di Gesù. Tuttavia il testo nella sua novità non può essere sottovalutato. In realtà esistono sia nella bibbia come nella letteratura pagana antica dei paralleli e anche alcuni esempi moderni, come quello di Gandhi.
ORIGINALITÁ E RICCHEZZA DEL TESTO (Mt 5,43-48).
· Ma l'originalità di questo testo sta nel fatto che rispetto al suo ambiente queste parole suonano come una radicalizzazione estrema di alcuni insegnamenti che in altre culture erano tenui e limitati invece Gesù lo spiega bene in maniera inconfondibile.
· Inoltre la ricchezza di questo testo risiede nel fatto che l'amore al nemico segue la predicazione del Regno di Dio e la motivazione che sostiene questo tipo di amore, assolutamente innaturale, è teologica.
L’AMORE VERSO IL NEMICO E LA SUA MOTIVAZIONE TEOLOGICA
Sono chiamato ad amare il nemico
non come un precetto della nuova legge del Maestro di Nazareth
ma perché quando agisco in questa maniera
io dimostro a me stesso e agli altri che sono figlio di Dio,
dimostro di assomigliare al mio Dio Padre
che non fa differenza tra un figlio e l'altro
ma su tutti, buoni e cattivi fa piovere e fa brillare il sole.
Sicuramente questo detto di Gesù ha un grande fascino perché ci parla di un amore universale, che allarga gli orizzonti della nostra vita ma
l'intento primario di Gesù non è quello di un amore verso chi è fuori e lontano
ma il comando dell'amore al nemico
nasce in una realtà comunitaria e ha come destinatari quelli della mia famiglia e della mia comunità
che possono diventare “nemici” cioè non-amabili e
proprio per questo primi oggetti di questo amore.
Oggi per noi, questo comando di Gesù è un invito ad amare quelli del nostro gruppo, quelli della mia parrocchia e della mia famiglia.
Gesù invita ad andare oltre i limiti della legge scritta,
come Egli fa vedere e lo dimostra dal vivo nel proprio comportamento.
Ed è su questa base vissuta che si comprende
il concetto sostanzialmente nuovo dell'idea di prossimo,
che ora coincide con qualunque uomo bisognoso e persino reietto e non è più dunque limitato al connazionale israelita. Così viene superata quella mentalità legata alla legge e ai casi della stessa legge perché questo tipo di amore non può essere definito da un insieme di precetti e inoltre anche l'ambito del culto viene ridotto d'importanza a favore di un cambiamento etico più urgente.
che ora coincide con qualunque uomo bisognoso e persino reietto e
non è più dunque limitato al connazionale israelita.
Così viene superata quella mentalità legata alla legge e ai casi della stessa legge perché questo tipo di amore non può essere definito da un insieme di precetti e inoltre anche l'ambito del culto viene ridotto d'importanza a favore di un cambiamento etico più urgente.
Dal Diario della Beata Cecilia Eusepi 1928, ff. 211 – 212
Cecilia è pronta ad accogliere e perdonare il suo nemico Malanno che aveva messo in giro voci contro la sua famiglia fino al punto che allettata e malata 10 mesi prima della sua morte dovette lasciare la casa della tenuta La Massa di cui lo zio era custode. (211) Questa mattina Gesù è venuto, sono stata tanto contenta, anche perché il Padre si è trattenuto parecchio. Non l'ho sentito Gesù, le mosche mi hanno dato molta noia, ma, quasi subito dopo che ho pregato Gesù a volermene liberare, hanno smesso di darmi noia, così ho potuto pregare abbastanza raccolta. Ho raccontato al Padre il mio raglio di ieri sera, ossia, che mi faceva molto male il ginocchio destro, non ne potevo proprio più, mi sembrava che un cataplasmo mi avrebbe fatto molto bene, perché sentivo che il calore mi ammortiva il dolore. Mamma ha incominciato a brontolare e a me mi è dispiaciuto molto, e gliel'ho dimostrato con calma però, ciò anche pianto. Quanto sono imperfetta! eppure voglio farmi santa anche a costo di rimetterci la vita, sono sicura che Gesù non mancherà di aiutarmi. Questa sera ho ricevuto tante visite, la prima quella della Malannina, ossia, Maria la figlia di Malanno1 . Io stavo a scrivere nella sala, essa non aveva coraggio di entrare, mi ha chiamato, le tremava la voce, mi ha fatto tanto pena, che le sono (212)andata incontro, le ho fatto molta festa, allora ha preso animo, e mi ha raccontato la gita che fece a Roma domenica per il congresso, insieme a Madre Scevola. Ho fatto tutto questo, anche per imitar Gesù, il quale, dalla croce perdonò i Suoi crocifissori, questa poveretta, certamente non ha alcuna colpa di ciò che fanno i suoi genitori. Sento però, che anche a Malanno farei lo stesso, è tanto bella la legge del perdono! Piuttosto che perdonare i miei nemici, io mi sento l'obbligo di ringraziarli, poiché mi hanno dato e mi danno ancora tante belle occasioni di cantare il mio amore a Gesù. La mia riconoscenza per questi sarà eterna, prego sempre per la santificazione delle loro anime, in Paradiso poi, farò di tutto per tirarli su, se loro non vogliono venire, io sono pronta, per quanto è possibile, di strascinarceli.
IL TESTAMENTO DI PADRE CHRISTIAN DE CHERGÉ Padre Christian De Chergé, priore dell’Abbazia di Tibihrine, ucciso con altri sei monaci trappisti in Algeria nel maggio 1996, probabilmente da fondamentalisti islamici (ma forse dall’esercito regolare che voleva far ricadere la responsabilità su questi ultimi). Alla vicenda di padre Christian e dei suoi confratelli, profondamente inseriti nel villaggio di cui condividevano con passione e abnegazione tutta la vita, è stato dedicato il film Des hommes et des dieux, titolo non felicemente reso da noi con Gli uomini di Dio: v. in proposito, in coda al Testamento, la recensione di Giona A. Nazzaro, apparsa su Micromega, ottobre 2010 Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato. La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche di meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito. Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio. Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del martirio”, doverla a un Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam. So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. E’ troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi estremismi. L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un anima. L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani. La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”. Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione,giocando con le differenze. Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto. In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso! E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Inch’Allah.


“LASCIATEVI GUIDARE DALLO SPIRITO”
Abbiamo celebrato la Pasqua e domenica celebriamo la Cresima dei nostri ragazzi…..
Fratelli, se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Gal 5,18-25
Se siamo cristiani di nome dobbiamo esserlo di fatto. Questo ha intuito la spiritualità inquieta e riformatrice del nostro tempo, quando si attesta sul carattere esigente d'una comprovata autenticità. Si tratta allora a buon diritto d'una duplice operazione, che garantisca la nostra autenticità: d'un confronto e d'un recupero. Confronto di chi e con Chi? È chiaro: confronto di noi stessi con Colui ch'è il modello por eccellenza, l'uomo vero, il pastore della nostra vira, con Colui che ha detto di Sé: «lo sono la via e la verità e la vita» e al quale implicitamente, o esplicitamente noi prestiamo fede, por il fatto stesso che portiamo il suo nome; siamo cristiani. É infatti Cristo, che ha dato di Sé questa meravigliosa e avvincente definizione, la quale noi possiamo trovare condensata in un'altra, che Gesù diede di Sé, o che ora terremo presente per dare al nostro rinnovamento giubilare una sua formula risolutiva. Disse infatti Gesù, quasi con accento polemico: «Uno solo è il vostro maestro, Cristo». Paolo VI
IL MEDIATORE
... vi invitiamo a salutare Gesù, nostro Signore, come Mediatore tra due altre conoscenze, che a Lui si collegano e che da Lui partono in due diverse direzioni. Gesù, diciamo, è Mediatore fra Dio e l'uomo (I Tim. 2, 5); Gesù è Rivelatore, aggiungiamo, di Dio e dell'uomo. Se vogliamo veramente conoscere Dio dobbiamo rivolgerci a Gesù, se vogliamo conoscere veramente l'uomo, ancora dobbiamo chiederlo a Lui. Da Gesù parte la via che sale alla vera conoscenza del Padre Celeste, e dell'intima, infinita Vita di Dio, la Santissima Trinità, da Gesù parte la via che discende alla vera conoscenza dell'umanità, al mistero dell'uomo, della sua natura, del suo destino. ..
CONOSCERE E AMARE
Ora noi dobbiamo esaminare un secondo ordine di elementi che condizionano la nostra conoscenza di Gesù. Essa dipende da una disposizione nostra: quella di aprire gli occhi, il cuore, l'anima. Se andiamo da lui con il cuore chiuso, con gli occhi serrati, con la incredulità pregiudiziale e precostituita, Egli non si mostrerà. Passerà la luce vicino a noi e resteremo ciechi, indifferenti. Bisogna dunque aprire gli occhi. Tutti devono farlo.... Alcuni guardano e non vedono: rimangono estranei e fiacchi alla Rivelazione. Dunque occorre aprire le nostre menti alla conoscenza di Gesù. Che cosa, allora, dobbiamo fare? In primo luogo istruirci; aver cara la parola del Signore diffusa nella sacra predicazione, nella catechesi, nei libri adeguati. Gesù non si è rivelato tanto per la via degli occhi, quanto per l'ascolto che dobbiamo prestargli. Ce lo ricorda il Vangelo: «Ipsum audite»: Lui dovete ascoltare. E ancora: «Fidem ex auditu»: la fede, cioè la misteriosa conoscenza di Gesù l'avremo con la fortuna di poterlo ascoltare... La seconda cosa da compiere è amare Gesù. Chi lo ama, lo conoscerà nella maniera più valida. Egli stesso l'ha asserito:” Se qualcuno mi ama, io mi aprirò a lui, mi farò conoscere da lui”... Paolo VI
RIFLESSIONE 1
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Lc. 11 39-40
Mi interrogo su quanto sono più preoccupato a salvaguardare le apparenze, senza badare a ciò che muove il mio cuore, il mio agire, il mio giudizio nei confronti degli altri.
· Esamino il mio comportamento: sono più attento a curare le esteriorità che possono determinare un giudizio positivo o meno nei miei riguardi, oppure mi interrogo su che cosa e/o su chi trova posto nel mio cuore?
RIFLESSIONE 2
Fratelli, se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Ga. 5, 18 ·
A volte mi sento dire: ” La tua religione é fatta di Messe e Processioni, ben organizzate, che danno
nell’occhio.. bei fiori, bei paramenti, preziosi ornamenti... e poi che rimane?” Che cosa rispondo? ·
La mia fede è innanzitutto nutrita dal rapporto personale con Lui , che trasforma il mio occhio e i miei sentimenti e mi offre il senso vero e pieno delle liturgie a cui partecipo? Oppure è solo a partire dalla presenza passiva alle varie celebrazioni che penso e spero di arrivare a Lui? ·
Con che cosa nutro la mia fede:
- Con la preghiera personale
- - Attraverso la partecipazione all’Eucarestia
- - Attraverso la lettura e la meditazione personale della Parola
- - Attraverso la lettura e la meditazione comunitaria della Parola
- - Attraverso la partecipazione ai riti sacri legati alla cultura e alla tradizione religiosa della propria comunità (Processioni, sacre rappresentazioni, appartenenza alle Confraternite... )
- · Mi trovo in un gruppo di persone di confessione religiosa diversa da quella cristiana. Mi chiedono di spiegare che cosa significa per me essere di religione cristiana cattolica e che cosa significa professare e testimoniare la mia fede. In che modo lo farei?
- Qual è la differenza tra religione e fede ? · Quali sono gli aspetti che metterei sinteticamente in evidenza per affermare la centralità del Kerygma e dell’Incarnazione al cuore della mia fede?
RIFLESSIONE 3
La pratica della «legge» e la carità
· Leggi e ascolta con il cuore: Mc 3,4 «Gesù domandò loro: “È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?”. Ma essi tacevano».
· Leggi ancora ...
Gesù in questa situazione ha pensato a quegli intellettuali e dotti uomini di legge, ha voluto dare loro una possibilità, quella di leggere nel cuore della legge oltre a presenziare la guarigione fisica di un uomo provato dalla malattia e dalle dicerie degli altri che lo qualificavano peccatore… “E’ lecito in giorno di sabato … salvare una vita o ucciderla?”.
Mettere la carità alla base delle nostre azioni. «Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso». Chi ama però non evita soltanto il male. Chi ama si apre sugli altri, vuole il bene, lo fa, si dona: arriva a dar la vita per l’amato. Se tutta la legge sta nell’amore del prossimo, occorre vedere gli altri comandamenti come mezzi per illuminarci e guidarci a saper trovare, nelle intricate situazioni della vita, la via per amare gli altri; bisogna saper leggere negli altri comandamenti l’intenzione di Dio, la sua volontà.
Domande per la riflessione comunitaria
Quanto legalismo e quanta ipocrisia all’interno delle nostre comunità parrocchiali, soprattutto quando nel nome della legge si sta alla larga della carità?
· Qual è il “quadro clinico della nostra parrocchia”? Quanto nella nostra parrocchia diamo troppo valore a piccole pratiche devozionali private, piuttosto che dare spazio all’approfondimento e la pratica di una fede vera, pregata e vissuta ? Quanto il Vangelo è “la nostra cura”? · Come è possibile nelle parrocchie trasformare, ridare slancio anche a quelle tradizioni che pur facendo memoria dell’identità e della storia della Chiesa particolare delle nostre parrocchie, spesso rimangono svuotate di un significato ed un senso spirituale per la nostra comunione e testimonianza di fede ?
Chiesa del Risorto.
Chiesa che nasci dalla Croce,
dal fianco aperto del Signore,
dal nuovo Adamo sei plasmata,
sposa di grazia nella santità.
Chiesa che vivi della Pasqua,
sei dallo Spirito redenta,
vivificata dall’amore,
resa feconda nella carità.
Rit. Dal crocifisso Risorto,
nasce la speranza,
dalle sue piaghe la salvezza,
nella sua luce noi cammineremo,
Chiesa redenta dal suo amore.
Chiesa che annunci il Vangelo
sei testimone di speranza
con la Parola del Dio vivo,
in mezzo al mondo nella verità.
Chiesa che vivi nella fede,
rigenerata dalla grazia,
stirpe regale, gente santa,
sei per il mondo segno di unità. Rit.
Chiesa fondata nell’amore,
sei tempio santo del Signore,
edificata dai tuoi santi
tu sei speranza dell’umanità.
Chiesa mandata per il mondo
Ad annunciare la salvezza,
porti la grazia ad ogni uomo
e lo conduci alla santità . Rit.
Chiesa in cammino verso Cristo,
nella speranza e nella fede,
tu sfidi il mondo con l’amore,
tu vinci il male con la verità.
Canta con gioia il tuo Creatore,
loda per sempre la sua grazia,
tu dallo Spirito redenta
sposa di Cristo nella carità. Rit.


COME GESÙ SI RIVELA
In che modo egli si presenta e si rivela? Va notata una specie di graduatoria. Il Salvatore del mondo ci appare in povertà, nell'umiltà, togliendo intorno a sé ogni apparato, ogni sfarzo e ogni segno della sua divinità. Volle iniziare la sua vita terrena di nascosto, introducendosi nell'umanità senza eventi straordinari; ed è vissuto per tanti anni come un povero operaio. Non poteva esservi umiltà più profonda. E chi non accetterà questa presentazione, si scandalizzerà e non comprenderà il resto della vita e della rivelazione di Cristo. Sembrerebbe, dunque, che Egli non voglia far notare la sua presenza. Ciò spiega perché tanti gli passano vicino e non ne avvertono il richiamo. Ora questa rivelazione sensibile, umana, caratterizzata dalla povertà non è sola. Gesù ha dato a tutti la sua presenza, ma ad alcuni, a coloro che l'hanno avvicinato e seguito ha accordato altre manifestazioni di sé: la sapienza, la sua parola meravigliosa. Da essa rimangono folgorati - ad esempio - gli inviati dei nemici del Divino Maestro, i quali un giorno volevano farlo catturare. Restano come sgomenti nel sentirlo parlare. Altra volta una donna, dopo averlo ascoltato, alza la propria voce in mezzo alla folla acclamando: “Benedetta colei che ti ha generato, perché nessuno ha mai parlato cosi bene come Tu insegni”.Accanto alla rivelazione della sapienza, quella della potenza: i miracoli. Sono tanti, strepitosi: tutti li abbiamo presenti. Non poteva, certo, un uomo qualsiasi operare simili prodigi. In una terza maniera, inoltre, e in grado anche superiore, Gesù si rivela. È nella bontà. Chi lo avvicina ha la commozione e il fascino di tale incomparabile bontà. «Venite a Me, voi tutti che siete affaticati; e io vi ristorerò». E il perdono ai peccatori, la dilezione per i fanciulli, i poveri, i sofferenti. Ognuno adesso e sempre, può fare l'esperimento di passare accanto a Gesù e cogliere la sua luce penetrante, nella perfetta conoscenza delle anime. «Sciebat quid esset in homine». Sapeva ciò ch'era dentro dei cuori, e nei cuori effondere la sua bontà. Finalmente - sempre più si restringe la schiera di coloro che conoscono la superna apparizione - Gesù si rivela pure in ciò che realmente è. Ecco la Trasfigurazione. In lui palpita non soltanto una vita umana, ma la vita divina . “Questo è il mio Figlio diletto”. È il Figlio di Dio fatto uomo. Proprio tale aspetto diventerà, si direbbe, normale dopo la morte e a risurrezione del Signore.
Paolo VI
Giovanni 18,28-40
28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest'uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?».
E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l'usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.
È affascinante quest'inizio di Gesù di Nazareth!!! Parla di Regno anche se le modalità di proclamazione di questo Regno sono tutt'altro che regali, solenni e incisive. Invece, pur parlando di regno, si affida alla dinamica della crescita, ad un qualcosa di piccolissimo e impercettibile ad un'affermazione di una realtà che però sulla terra sarà sempre parziale. Pur vivendo i drammi dell'oggi e le sue precarietà tuttavia mostra la sua sicurezza nella relazione col Padre, di cui ci invita a pregarne la venuta del suo regno, e assicura nel futuro beatitudine a chi è nella povertà, nel pianto e nella fame. Questi contrasti arrivano fino alla fine sfociando nella scena dell'interrogatorio di Gesù nel pretorio di Pilato.
«Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?» ( Gv 18,37-38).
Il mio regno non è come il tuo, non usa gli stessi mezzi per affermarsi. Il mio regno è rendere testimonianza alla verità. Cos'è la verità? Questa frase che sicuramente è il punto più alto di tutto il vangelo, trova una risposta nelle ulteriori parole di Pilato che a mò di scherzo presenta Gesù come l’Uomo per eccellenza e come il Re, ma in realtà non si rende conto di proclamare la più alta verità .
CHE COS’É LA VERITÁ? ( Gv 18,37-38).
· La Verità è quest'uomo che però qui sta in tutta la sua povertà e debolezza: la verità è che quest'uomo debole è il vostro re, l'unico che può parlare di vita e di giustizia e di salvezza e di Dio perché l'ha vissuta egli stesso.
· La verità é questa scelta di Dio di condividere la sorte dell'uomo a partire da quell'umanità in cui non ci sono più le caratteristiche dell'umanità stessa; non ha più sembianze umane ma rappresenta l’Uomo di oggi e di sempre che quando si erge a giudice diventa una marionetta “il sonno della ragione genera mostri”.
· La Verità è l'Amore condiviso che può diventare l'unico dato di regalità che oggi può dirsi tale. Questa verità è accessibile a noi attraverso le parole di Gesù che ancora contengono questo valore semantico di grazia capace di far breccia nella mente e nel cuore di chi è in ricerca della verità.
· Questa verità è accessibile a chi guarda a Colui che hanno trafitto per vederlo in croce condannato perché Re, condanna che diventa la nostra salvezza .
«Ecco l'Uomo» (Gv 19,5) «Ecco il vostro Re» ( Gv 19,14).
LA NOSTRA SCELTA
... una domanda inevitabile. Essa propone una scelta, che riguarda il destino della nostra vita.
Si o no:
1) riconosciamo noi Gesù per chi Egli è, il Cristo? Cioè il Messia, il mandato da Dio, calato nel mondo, per dare all'umanità la salvezza? Ovvero per essere fra noi «il segno di contraddizione?» (Lc. 2, 34), l'ago di scambio fra le due vie fatali, della salute o della perdizione, della vita o della morte?
2) Abbiamo noi l'intuito felice, la freschezza, il gaudio, l'audacia di proclamare ancor oggi che Gesù è lui, la nostra scelta, lui è il nostro Redentore, necessario, sufficiente; lui, venuto per tutti, venuto per ciascuno di noi; lui il Maestro, lui l'Amico, lui «la resurrezione e la vita» (Gv. 11, 25)?
3)Lui, sì, la via, Lui la verità, Lui la vita delle nostre singole esistenze e di tutta la comunità di quanti in lui credono, di lui si fidano, da lui si sentono amati e a lui offrono il loro povero e grande amore?
Gesù, il Cristo, incrocia ancor oggi, incrocia sempre e dappertutto, i sentieri dell'umanità, e pone se stesso come la grande questione, come la scelta somma e decisiva, che ogni uomo, che ogni popolo è chiamato a fare. Gesù è la grande responsabilità nella storia d'ogni umana esistenza. Gesù è al grado supremo di tensione della libertà della vita cosciente. Gesù è al nodo ultimo e primo, dove le nostre sorti si definiscono. Gesù è l'invito più intimo e personale rivolto alla nostra coscienza lucida e operante.
Paolo VI


PARABOLE DELLA MISERICORDIA
Gesù è mistero. Non lo avremo mai esplorato abbastanza, non mai compreso del tutto. La conoscenza di lui ha dovuto finalmente risolversi nella fede, cioè in una conoscenza superrazionale: certissima, ma fondata su testimonianze che eccedono in parte un nostro sperimentale controllo: le quali testimonianze hanno però in se stesse la forza di convinzione, perché in fondo sono divine, ed esigono da noi quella dilatante maniera di conoscere, con la mente e col cuore, senza tutto capire, perché troppo v' è da capire, che appunto chiamiamo fede. Gesù dev' essere studiato con tutta la tensione della nostra capacità comprensiva (e la capacità comprensiva dell' amore supera quella della pura intelligenza) . Allora, figli carissimi, bisogna che ci mettiamo alla ricerca di Gesù, cioè allo studio di quanto possiamo sapere su di Lui... La prima conoscenza, che dovremo avere di Cristo, è quella documentata dai Vangeli. Se non abbiamo avuto la fortuna della conoscenza diretta e sensibile del Signore, dobbiamo cercare di avere una conoscenza storica, una memoria sicura di Lui, dando la dovuta importanza alla forma umana, con cui il Verbo di Dio si è rivelato.
CONOSCENZA GRADUALE
Una seconda nota, relativa alla conoscenza circa il Signore Gesù: questa conoscenza è graduale. Essa non solo si esaurisce in una semplice immagine sensibile: un quadro, una scena evangelica, un racconto biografico ... ; ma se essa, questa conoscenza, si è davvero, in qualche modo, impressa nel nostro spirito, sveglia il desiderio di meglio identificarla, di approfondirla, di verificarne il significato, il contenuto. Diventa problema: insomma, chi è questo Gesù? . Ciascuno di voi ricorderà come questa indagine sia sorta negli stessi contemporanei di Gesù, nei quali specialmente dopo qualche suo miracolo, fu ricorrente la domanda: «Chi è mai costui che comanda ai venti e al mare, e gli obbediscono?». Voi ricorderete che lui stesso, Gesù, provocò fra i discepoli una specie d'inchiesta; racconta l'evangelista Matteo: «Gesù, venuto nel territorio di Cesarea di Filippo, domandò ai "Suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Le opinioni erano diverse. Segno che la rivelazione che Gesù faceva di se stesso lasciava, si, trasparire qualche cosa di straordinario, ma non senza ricoprirlo di un velo umano non sempre e non a tutti trasparente. Perfino Maria e Giuseppe .restavano meravigliati delle cose che si dicevano del bambino Gesù»; e non tutto comprendevano di quel misterioso fanciullo. I suoi stessi concittadini, di Nazareth, lo circondano di stupore e di diffidenza, non riuscendo a rendersi esattamente conto di chi egli fosse. Gesù, si direbbe, ama l'incognito... Paolo VI
LE PARABOLE DELLA MISERICORDIA Luca 15,1-32
1 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola: 4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle,6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto». 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla.17Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». 20Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». 22Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa. 25Il figlio
maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso».31Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»».
Primo Angelus del papa Francesco 17 marzo 2013
Fratelli e sorelle, buongiorno! Dopo il primo incontro di mercoledì scorso, oggi posso rivolgere di nuovo il mio saluto a tutti! E sono felice di farlo di domenica, nel giorno del Signore! Questo è bello è importante per noi cristiani: incontrarci di domenica, salutarci, parlarci come ora qui, nella piazza. Una piazza che, grazie ai media, ha le dimensioni del mondo. In questa quinta domenica di Quaresima, il Vangelo ci presenta l’episodio della donna adultera (cfr Gv 8,1-11), che Gesù salva dalla condanna a morte. Colpisce l’atteggiamento di Gesù: non sentiamo parole di disprezzo, non sentiamo parole di condanna, ma soltanto parole di amore, di misericordia, che invitano alla conversione. “Neanche io ti condanno: va e d’ora in poi non peccare più!” (v. 11). Eh!, fratelli e sorelle, il volto di Dio è quello di un padre misericordioso, che sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il cuore contrito. “Grande è la misericordia del Signore”, dice il Salmo. In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un Cardinale – il Cardinale Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo – sulla misericordia. E mi ha fatto tanto bene, quel libro, ma non crediate che faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali! Non è così! Ma mi ha fatto tanto bene, tanto bene … Il Cardinale Kasper diceva che sentire misericordia, questa parola cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza … Ricordiamo il profeta Isaia, che afferma che anche se i nostri peccati fossero rrossi scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come la neve. E’ bello, quello della misericordia! Ricordo, appena Vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Fatima e si è fatta una grande Messa per gli ammalati. Io sono andato a confessare, a quella Messa. E quasi alla fine della Messa mi sono alzato, perché dovevo amministrare una cresima. E’ venuta da me una donna anziana, umile, molto umile, ultraottantenne. Io l’ho guardata e le ho detto: “Nonna – perché da noi si dice così agli anziani: nonna – lei vuole confessarsi?”. “Sì”, mi ha detto. “Ma se lei non ha peccato …”. E lei mi ha detto: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma forse il Signore non li perdona …”. “Il Signore perdona tutto”, mi ha detto: sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”. Io ho sentito una voglia di domandarle: “Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?”, perché quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapienza interiore verso la misericordia di Dio. Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci, mai! “Eh, padre, qual è il problema?”. Eh, il problema è che noi ci stanchiamo, noi non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti. Invochiamo l’intercessione della Madonna che ha avuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta uomo. ossi scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come * Il Papa ha annunciato proprio in questi giorni: t«un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio» «Sarà un Anno Santo della misericordia. E lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre”» Proprio Francesco ha dato per primo l’esempio. Come già aveva fatto lo scorso anno, dopo aver annunciato l’Anno Santo, si è diretto con passo svelto verso un confessionale e si è inginocchiato davanti al confessore come un qualsiasi fedele. Pochi minuti dopo, egli stesso, entrato in un altro confessionale, per circa tre quarti d’ora ha ascoltato le confessioni di sei penitenti.
26 Marzo liturgia della penitenza in forma comunitaria ore 17,00 al Duomo


LE PARABOLE
In realtà quello delle parabole è un metodo di predicazione proprio di Gesù usato con diverse applicazione e che Gesù personalizzerà in maniera particolare. Nell'antico testamento e soprattutto negli scritti profetici talvolta le parole del profeta per essere più incisive si appoggiavano su dei paragoni. Israele e la sua storia paragonati ad una vigna, il peccato di Davide e Betsabea con la storiella raccontata da Samuele e tutta la storia di Dio col suo popolo pensata alla stregua di una relazione sponsale (Ez 16, Osea, Ger 31 e il cantico dei cantici).
Gesù userà moltissimo le parabole (se ne contano circa 35 ma anche di più se si considerano anche i detti brevi dove Gesù usa un paragone) perché gli permettevano di poter essere ascoltato e capito da tutti, semplici e studiosi, e soprattutto gli permettevano poi di incalzare il suo uditorio perché prendesse posizione:«Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?» (Lc 19,36).
Le parabole non ci presentano idee religiose, né una dottrina ma un modo di agire, ci presentano una scena di VITA, una STORIA e nello stesso tempo esprimono la prassi di Dio nella prassi di Gesù. E inoltre più che scoprire chi sono realmente i personaggi della parabola, interessa come questi personaggi agiscono. Questo gli permette di fare un confronto tra l'agire di Gesù e l'agire dell'uomo. Le parabole sono un genere pratico di discorso che tende a convincere e a far vivere secondo quell'atteggiamento descritto.
LE PARABOLE: UNO STRUMENTO DI DIALOGO IN CUI GESÚ RIVELA LA SUA PEDAGOGIA
Spesso Gesù viveva in un ambiente di dissenso contro di Lui, gente che lo rifiutava, pensava e parlava male di Lui e delle sue scelte. Cosa fa? · Non apre un dibattito pubblico per convincerli...talora viene sollecitato al dibattito, viene avvicinato con domande tendenziose su argomenti pericolosi e Gesù non si ferma a convincerli ma racconta una parabola. Questo non vuol dire sfuggire al dibattito ma lasciare la libertà a chi ha intenzioni perverse di ascoltare qualcosa che apparentemente non c'entra nulla ma poi ti invita a riflettere e a pensare. La parabola è il modo di avvicinarsi ai più lontani che si sentono così accolti da qualcuno che non li giudica ma si mette dalla loro parte, cioè da chi è fuori dallo spirito del vangelo ma desidererebbe entrarvi e ti fa una proposta. Con le parabole Gesù vuole scuotere e provocare il suo uditorio a prendere decisione rispetto al Dio tratteggiato in questi racconti e che la Persona di Gesù e le sue parole rendono attuale e incontrabile. · Se ti consideri lontano da Dio ricordati che .... Dio è un Padre che ti sta aspettando per far festa insieme con te. · Se sei stato sempre fedele a Dio ma con poco cuore forse, ricordati che ... Dio sta aspettando anche te perché non ci sarà festa grande se anche uno dei figli è lontano dal cuore di un Dio che è Padre. Inoltre se Gesù racconta parabole, la sua vita non è solo un commento alle parabole, ma è anche una, anzi la parabola del Regno di Dio, in cui si mangia con i pubblicani (Lc 15,2), si accolgono le prostitute (Lc 7,36-50), in cui ci si butta alle spalle il passato di Israele e gli si offre speranza.
LA PARABOLA È .. ... un metodo di predicazione tipico di Gesù
LA PARABOLA È uno strumento di dialogo in cui Gesù rivela la sua pedagogia
LA PARABOLA É una provocazione che esige una scelta da parte dell’interlocutore
LA PARABOLA È Un paradosso in cui Gesù rivela la diversità dello stile di Dio rispetto alla logica dell’uomo
LA PARABOLA CI PRESENTA ... un modo di agire, attraverso la vita di tutti i giorni
LA PARABOLA ESPRIME ... .. la prassi di Dio nella prassi di Gesù
COME LEGGERE LE PARABOLE
A. Oltre una semplice storia di vita ... ·
Individua il contesto in cui si volge la storia narrata ·
Individua i personaggi e per ciascuno di esso prova a tracciarne una breve descrizione ·
Chi è · Che cosa fa · Come agisce · Perché agisce così
Prova ad individuare le caratteristiche dell’agire dell’uomo e dell’agire di Dio e metti a confronto le due modalità di comportamento
B. Entro nella scena
Per ciascuna delle parabole prova a situarti all’interno della storia narrata.. ·
In quale personaggio ti riconosci, come avresti agito... ·
Perché ?
La parabola del Buon Samaritano ci interpella sulla nostra capacità di saper riconoscere, vedere e prendersi cura del regno di Dio qui e ora...
La parabola del buon samaritano (Lc 10,30-42): Il farsi prossimo
Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno». 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così».
Ma chi è il prossimo? Gesù risponde a questa domanda raccontando la parabola del buon samaritano. Il prossimo non esiste già. Non è sintetizzabile in un elenco. Prossimo si diventa. Prossimo non è colui che ha già con me dei rapporti di sangue, razza, di affari, di affinità psicologica. Prossimo divento io stesso nell'atto in cui, davanti a un uomo, anche davanti al forestiero e al nemico, decido di fare un passo che mi avvicina, che mi approssima. In altre parole il prossimo non è semplicemente colui che mi è vicino fisicamente, ma è disponibilità a farsi vicino, a spostarsi da dove si è per andare là dov'è l'altro. La prossimità non è uno stato, ma un'azione. Il prossimo è responsabilità personale, è azione, è azione su di sé. La parabola del buon samaritano richiede capacità di vedere. Il samaritano si fa prossimo non per compiere una buona azione o per filantropia, ma perché toccato dolorosamente dal dolore dell'altro. Il dolore dell'uomo ferito colpisce il samaritano, che diviene, nel suo stesso corpo, cassa di risonanza del dolore altrui e risponde a tale chiamata di fatto facendosi vicino al proprio dolore. Facendosi prossimo al ferito, il samaritano si fa vicino anche al proprio dolore, si fa prossimo a se stesso. B. Omelia del Santo Padre Francesco a Lampedusa, Lunedì, 8 luglio 2013 «Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!» Papa Francesco
Domande per la riflessione comunitaria · Si nota nella tua comunità parrocchiale questa «globalizzazione dell’indifferenza» che il Santo Padre ha duramente criticato a Lampedusa? Da quali segni la si può capire? · Quali percorsi occorrerebbe attuare perché nella tua comunità parrocchiale ogni battezzato si faccia prossimo di tutti quelli che sono abbandonati sul ciglio della strada? In che misura impegnarsi nei problemi degli altri?
Ti seguirò
Ti seguirò, ti seguirò, o Signore
e nella tua strada camminerò.
Ti seguirò nella via dell’amore
e donerò al mondo la vita.
Ti seguirò nella via del dolore,
e la tua croce ci salverà.
Ti seguirò nella via della gioia
e la tua luce ci guiderà.


Le beatitudini, ci insegnano la via della felicità
Matteo 5,1-12
Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti,perché saranno consolati.
Beati i miti,perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia,perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
Dio ha creato l’uomo per la felicità . L’uomo creato per essere felice, non può conquistare la felicità con le proprie forze perché ha in sé un orientamento verso Dio, è fatto su misura per Dio, non può essere felice che raggiungendo e possedendo Dio. È Dio la felicità dell’uomo. Lui solo può colmargli il cuore. Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore non trova riposo finché non riposa in te (s. Agostino. Confessioni I,1). La felicità discende da Dio; non vi è altra sorgente. Questa sorgente è sempre zampillante, la felicità è sempre offerta. Tocca all’uomo accoglierla e non rifiutarla. La felicità è un dono divino ed è molto differente da ciò che avremmo pensato e desiderato noi Le beatitudini evangeliche promettono la felicità ai poveri e agli umili, a quelli che soffrono e subiscono persecuzioni: sembrano così poco reali!
Quello che Gesù insegnava ai suoi discepoli lo viveva lui per primo.
Egli viveva distaccato da ogni bene materiale e da ogni comodità. Nato povero, visse ancora più povero e morì poverissimo. Le volpi e gli uccelli sono proprietari, lui nullatenente: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Mt 8,20). Lui, il padrone di tutte le cose fa una scelta di povertà e di distacco assoluto. S. Paolo scriveva ai Corinzi: Voi conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà (2 Cor 8,9). Gesù è un povero che vuol arricchire spiritualmente gli altri. È felice della sua povertà purché l’umanità possa acquistare più ricchezza d’anima.
Gesù è mite e si attribuisce espressamente questa qualità: Imparate da me che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29). Egli non è come gli scribi e i farisei che legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito (Mt 23,4). Presentando il suo messaggio sotto forma di beatitudini, manifesta la sua intenzione di attirare gli uditori alla sua dottrina, piuttosto che opprimerli con prescrizioni da osservare.
Mite e umile di cuore durante la sua vita, conserva la sua dolcezza sulla croce. Oltraggiato non rispondeva con oltraggi e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia (1Pt 2,23). Implora perdono per i responsabili della sua morte, invocando per essi le circostanze attenuanti: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34).
Sulla croce realizza in modo impressionante la beatitudine degli assetati: Ho sete (Gv 19,28). Egli ha sete fisicamente, ma soprattutto ha sete di maggior giustizia e d’amore nel mondo. Come aveva fame della volontà del Padre (Gv 4,34) così aveva sete di questo regno di grazia che avrebbe trasformato l’umanità. Con la sua fame e la sua sete Gesù ha aperto la via ai nostri buoni desideri, ai desideri di un mondo migliore.
Gesù è puro di cuore. Nel suo cuore non v’è alcuna passione avvilente. La sola passione era di far amare
il Padre e di salvare gli uomini. Aveva una dirittura totale nella condotta, non deviava e non si lasciava fuorviare da alcuna ambizione personale. Viveva nella chiarezza della verità. In lui non è mai penetrata l’ombra della menzogna o la complicità col male. Tuttavia questa rettitudine assoluta non è mai stata durezza, non si è mai tradotta in severità per gli altri.
Gesù è stato misericordioso. Aveva una sincera e profonda pietà per i peccatori: i suoi avversari l’hanno accusato di essere l’amico dei peccatori e di mangiare con loro (Lc 15,2). Egli stesso ci spiega perché questa simpatia per loro era così viva in lui: Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto (Lc 19,10).
Molti episodi del vangelo testimoniano questo amore misericordioso: la samaritana (Gv 4), la donna adultera (Gv 8), la prostituta pentita (Lc 7), il pubblicano Zaccheo (Lc 19)…
Gesù è operatore di pace. Anzi, Egli è la nostra pace (Ef 2,14). Riconciliando gli uomini con Dio, li riconcilia tra loro. Stabilisce la pace nelle relazioni umane. Fornisce il principio di soluzione di tutti i conflitti: l’amore universale, senza limiti, un amore che non si stanca mai di perdonare e che tenta tutte le strade per riconciliare quelli che sono divisi. Nel suo Natale porta la pace agli uomini (Lc 2,14) e la pace sarà nuovamente il dono della sua Pasqua di risurrezione (Gv 20,19-21). Non la pace degli armistizi, dei trattati e dei tira molla della politica, ma la sua pace: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore (Gv 14,27). La pace che egli dona l’ha conquistata con il suo sacrificio sulla croce.
Gesù è stato afflitto e perseguitato. È lui l’uomo dei dolori annunciato da Isaia (Is 52,13-53,12). Tanto si è occupato di alleviare quelli che soffrivano e di guarire i malati e gli infermi, altrettanto ha accolto le sofferenze fisiche e morali che il Padre gli aveva destinato. La vita di Gesù non è mai stata facile: Tutta la vita di Cristo è stata croce e martirio (Imitazione di Cristo. Libro II Cap. XII,7). Fin dal suo nascere e in tutto il corso della sua esistenza terrena è stato cercato a morte e molestato dagli avversari. Trovò la sua gioia nell’eseguire la volontà del Padre, percorrendo la via della sofferenza.
Tutte le beatitudini hanno trovato in Gesù un modello perfetto. La felicità nascosta nella sua vita terrena si è rivelata in modo definitivo nel trionfo della sua risurrezione.
Egli ci ha mostrato così che la felicità della beatitudine comincia nella vita presente e si svilupperà in pienezza nella vita del mondo che verrà.
Domande
A che punto del cammino ci troviamo rispetto al comprendere il mistero del Regno di Dio e a viverlo con Lui ed in Lui? ·
- Abbiamo la motivazione a crescere come discepoli di Gesù che desiderano essere presi in disparte da Lui e vivere con Lui una relazione più profonda e personale? ·
- In che misura il nostro modo di vedere e giudicare la vita riflette lo stile provocatorio e paradossale delle beatitudini di Gesù?
- Quale tra le 8 beatitudini sento che manca alla mia vita di cristiano?
- Quali tra le 8 beatitudini manca alla nostra comunità?
- Di quale tra le 8 beatitudini c’è maggiormente bisogno oggi nella società?


“Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli”
«μακάριοι οἱ πτωχοὶ τῶ πνεύματι» (Beati i poveri in spirito)
Nel nostro brano, la parola beati è citata 11 volte; nel Nuovo Testamento 50 volte, di cui 13 in Matteo, 15 in Luca, 7 in Paolo e 7 nell'Apocalisse. Nel mondo greco il termine significava originariamente l'essere liberi dalle preoccupazioni quotidiane, poi assunse il significato di "felice". Nella LXX, beati (in greco, makarios, che traduce l'ebraico 'ashré=beato colui che) indica augurio e felicità.
Il termine ha anche una dimensione escatologica: sarete felici….. Se poveri nello Spirito per accogliere il Regno di Dio
Dal catechismo della Chiesa cattolica II. Il desiderio della felicità
1718 Le beatitudini rispondono all'innato desiderio di felicità. Questo desiderio è di origine divina; Dio l'ha messo nel cuore dell'uomo per attirarlo a sé, perché egli solo lo può colmare.
« Noi tutti certamente bramiamo vivere felici, e tra gli uomini non c'è nessuno che neghi il proprio assenso a questa affermazione, anche prima che venga esposta in tutta la sua portata ».36
« Come ti cerco, dunque, Signore? Cercando te, Dio mio, io cerco la felicità. Ti cercherò perché l'anima mia viva. Il mio corpo vive della mia anima e la mia anima vive di te ».37
« Dio solo sazia.38
1719 Le beatitudini svelano la mèta dell'esistenza umana, il fine ultimo cui tendono le azioni umane: Dio ci chiama alla sua beatitudine. Tale vocazione è rivolta a ciascuno personalmente, ma anche all'insieme della Chiesa, popolo nuovo di coloro che hanno accolto la Promessa e vivono nella fede di essa.
III. La beatitudine cristiana
1720 Il Nuovo Testamento usa parecchie espressioni per caratterizzare la beatitudine alla quale Dio chiama l'uomo: l'avvento del regno di Dio;39 la visione di Dio: « Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio » (Mt 5,8);40 l'entrata nella gioia del Signore;41 l'entrata nel riposo di Dio:42
« Là noi riposeremo e vedremo; vedremo e ameremo; ameremo e loderemo. Ecco ciò che alla fine sarà senza fine. E quale altro fine abbiamo, se non di giungere al regno che non avrà fine? ».43
1721 Dio infatti ci ha creati per conoscerlo, servirlo e amarlo, e così giungere in paradiso. La beatitudine ci rende « partecipi della natura divina » (2 Pt 1,4) e della vita eterna.44 Con essa, l'uomo entra nella gloria di Cristo45 e nel godimento della vita trinitaria.
Matteo Cap 22
1 Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: «Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!». 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: «Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?». Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti».14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Annuncio importante nelle parole di Gesù: Il Regno è presente, è qui in mezzo a voi ed è strettamente connesso con la Persona di Gesù, con le sue azioni e le sue parole Il regno di Dio è vicino (Mc 1,15), cioè si è avvicinato e quindi il Regno è a portata di mano. Non è tutto rimandato ad un futuro indeterminato ma si tratta di un'imminenza che non può essere procrastinata. In Gesù si afferma la regalità di Dio. Diceva
“ Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è giunto: convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15)
“Con Gesù il Regno di Dio si è già introdotto senza rumore in mezzo agli uomini; egli sa che nel proprio
ministero è presente e attiva le regalità escatologica di Dio, anche se ovviamente chi accosta la sua persona ha bisogno degli occhi della fede per accorgersene. «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc 17,20-21).
È affascinante quest'inizio di Gesù di Nazareth!!! Parla di Regno anche se le modalità di proclamazione di questo Regno sono tutt'altro che regali, solenni e incisive. Invece, pur parlando di regno, si affida alla dinamica della crescita, ad un qualcosa di piccolissimo e impercettibile ad un'affermazione di una realtà che però sulla terra sarà sempre parziale. Pur vivendo i drammi dell'oggi e le sue precarietà tuttavia mostra la sua sicurezza nella relazione col Padre, di cui ci invita a pregarne la venuta del suo regno, e assicura nel futuro beatitudine a chi è nella povertà, nel pianto e nella fame. Questi contrasti arrivano fino alla fine sfociando nella scena dell'interrogatorio di Gesù nel pretorio di Pilato. «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?» ( Gv 18,37-38).
Il mio regno non è come il tuo, non usa gli stessi mezzi per affermarsi. Il mio regno è rendere testimonianza alla verità. Cos'è la verità?
Questa frase che sicuramente è il punto più alto di tutto il vangelo, trova una risposta nelle ulteriori parole di Pilato che a mò di scherzo presenta Gesù come l’Uomo per eccellenza e come il Re, ma in realtà non si rende conto di proclamare la più alta verità «Ecco l'Uomo» (Gv 19,5) «Ecco il vostro Re» ( Gv 19,14).
QUAL È LA STRADA CHE CONDUCE AL REGNO DEI CIELI?
«Pregare è aprirsi, con la gioia silenziosa e piena di pace della zolla che si offre all'acqua che la vivifica e la rende feconda» Giovanni Vannucci
Gesù mi insegna come rivolgermi a Lui, come arrivare davanti a Lui.. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli... Venga il tuo Regno... Mt. 6, 9-10 ·
In quali momenti della giornata, in quali spazi e tempi personali mi rivolgo a Dio con la preghiera del Padre Nostro? · “Padre nostro... venga il tuo regno”.... qual è il regno che spero, che attendo, che domando a Dio per dare prospettiva, direzione alla mia quotidianità ?
LA NOSTRA SCELTA ... una domanda inevitabile. Essa propone una scelta, che riguarda il destino della nostra vita. Si o no:
1) riconosciamo noi Gesù per chi Egli è, il Cristo? Cioè il Messia, il mandato da Dio, calato nel mondo, per dare all'umanità la salvezza? Ovvero per essere fra noi «il segno di contraddizione?» (Lc. 2, 34), l'ago di scambio fra le due vie fatali, della salute o della perdizione, della vita o della morte?
2) Abbiamo noi l'intuito felice, la freschezza, il gaudio, l'audacia di proclamare ancor oggi che Gesù è lui, la nostra scelta, lui è il nostro Redentore, necessario, sufficiente; lui, venuto per tutti, venuto per ciascuno di noi; lui il Maestro, lui l'Amico, lui «la resurrezione e la vita» (Gv. 11, 25)?
3) Lui, sì, la via, Lui la verità, Lui la vita delle nostre singole esistenze e di tutta la comunità di quanti in lui credono, di lui si fidano, da lui si sentono amati e a lui offrono il loro povero e grande amore?
Gesù, il Cristo, incrocia ancor oggi, incrocia sempre e dappertutto, i sentieri dell'umanità, e pone se stesso come la grande questione, come la scelta somma e decisiva, che ogni uomo, che ogni popolo è chiamato a fare. Gesù è la grande responsabilità nella storia d'ogni umana esistenza. Gesù è al grado supremo di tensione della libertà della vita cosciente. Gesù è al nodo ultimo e primo, dove le nostre sorti si definiscono. Gesù è l'invito più intimo e personale rivolto alla nostra coscienza lucida e operante.
Paolo VI


“Beati i poveri in spirito, perché di essì è il regno dei cieli”
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11,25-27)
Per accogliere il regno di Dio è necessario farsi piccoli e poveri pronti a compiere la sua volontà
Cosa significa essere poveri nello Spirito o piccoli per accogliere il Regno di Dio?
Maria Luca 1, 34-38
Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.”
Evangelii Gaudium
«Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2 Cor 8,9). Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri. Questa salvezza è giunta a noi attraverso il “sì” di una umile ragazza di un piccolo paese sperduto nella periferia di un grande impero. Il Salvatore è nato in un presepe, tra gli animali, come accadeva per i figli dei più poveri; è stato presentato al Tempio con due piccioni, l’offerta di coloro che non potevano permettersi di pagare un agnello (cfr Lc 2,24; Lv 5,7); è cresciuto in una casa di semplici lavoratori e ha lavorato con le sue mani per guadagnarsi il pane. Quando iniziò ad annunciare il Regno, lo seguivano folle di diseredati, e così manifestò quello che Egli stesso aveva detto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio li portava al centro del suo cuore: «Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio» (Lc 6,20); e con essi si identificò: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare», insegnando che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25,35s)».
(Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium 197 Papa Francesco )
Nella Bibbia (antico e nuovo testamento) i Poveri sono una categoria speciale di persone: sono gli “ANAWIM” che significa coloro che sanno di non poter contare su se stessi e confidano totalmente in Dio , disponibili alla sua azione, pronti per compiere fino in fondo la sua volontà, coloro che mettono tutta la loro vita nelle mani di Dio, capaci di una fede davvero grande, una fede che si fida fino in fondo e si dona totalmente: sono Abramo, Giacobbe, Mosè, i profeti, Giuseppe, Maria…..C’è una povertà materiale di beni, di soldi, di possibilità per cui chi la vive si trova in uno stato di indigenza ed è guardato dal Signore con maggiore attenzione per essere salvato e liberato (Lazzaro) C’è una povertà spirituale della persona che si affida totalmente a Dio, rendendosi disponibile alla sua opera ( serva del Signore).
Come dice il biblista Don Bruno Maggioni, "il povero di spirito è soprattutto colui che concepisce se stesso (esistenza, competenza, capacità di ogni genere) in termini di gratuità e non di possesso: una gratuità che, essendo dono nella sua origine, continua ad essere dono nel suo uso, e si fa servizio"
La prima beatitudine dice la grande verità della vita: Dio è tutto, il resto è niente. Dove ti appoggi? Su cosa puoi davvero con-fidare? Sulle cose: passano tutte e si usurano. Sulla gloria? Rimane forse un nome ma tu non ci sei più. Sulle persone? Non ti salvano. Qual è l’unica cosa che tiene? Qual è l’unica cosa dove ci si può appoggiare, agganciare, per non cadere nel vuoto?
Nella lingua ebraica zerà vuol dire sia zero, niente, da cui il nostro “zero”, sia “seme”. Noi siamo zero, nulla, vuoti, poveri del tutto, mendicanti. Ma nel nostro essere niente è nascosto, come in un seme, il nostro essere tutto.
Nel nostro essere niente c’è il Tutto. Nel nostro essere poveri c’è la Ricchezza. E più io mi spoglio e smetto di con-fidare in me e più posso ri-mettermi nelle mani di Dio ed essere al sicuro.
Quando non avrai più nulla, allora avrai il Tutto. E quando sarai spoglio di ogni cosa, allora sarai vestito d’eternità. E quando tutto morirà, allora sarà la Vita. E quando tutto cadrà, allora sarà l’inizio. E quando sarai
annientato, sarai tutto.
Beethoven quando cadde nel dramma della sordità, tagliò le gambe del pianoforte, ne sentì le vibrazioni sul pavimento e compose la Messa Requiem. Sullo spartito scrisse: “Dio è una fortezza incrollabile”.
Sì, Dio è l’unica fortezza incrollabile.
* Quali sono le virtù che il Povero di Spirito vive normalmente? Semplicità? Umiltà? Affidamento a Dio?
Disponibilità? Capacità di servizio? Generosità? Gratuità? Ancora quali?
IL DIVENIRE DEL REGNO DI DIO
La logica del Regno di Dio mi invita ad una fiducia incondizionata nell’esito finale che è già compreso e promesso nei pur modesti inizi..
Marco 4, 14-20
” 14Il seminatore semina la Parola.15Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l'ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l'accolgono con gioia, 17ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. 18Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l'accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».
(Mc. 4, 14)
“Così è il Regno di di Dio: come un uomo che abbia gettato il seme in terra, e poi dorme e veglia, di notte e di giorno, mentre il seme germina e si sviluppa.. “ (Mc. 4, 26-28)
“ A cosa possiamo paragonare il Regno di Dio? ... È come un granello di senapa che, quando viene seminato sulla terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra..”. (Mc. 4, 30-32) ·
Domande
Quali pensieri e quali sentimenti suscita in me la lettura di questi testi?
Quanto sono disposto ad affidarmi ad un Dio che mi garantisce una vita feconda, ma mi chiede una fiducia incondizionata? ·
Quanto il mio agire quotidiano vive questo affidamento e quanto la logica del mondo, “ tenere il piede in due staffe, un po’ del mondo un po’ di Dio”, caratterizza la mia vita?
Il Signore mi chiede di aprire il terreno del mio cuore, mi chiede un terreno disponibile alla semina, che si apra ad accogliere la sua Parola, il seme del suo Regno ... ·
Come sono le condizioni del mio terreno? · È pronto per la semina? ·
È già stato seminato da altri? ( che cosa ingombra il mio cuore, i pensieri, le preoccupazioni, le aspirazioni mondane..)
Domande : 1) In che modo la nostra comunità parrocchiale è impegnata a vivere la beatitudine dei poveri?
2) Che peso ha nella nostra comunità la condivisione delle risorse e l’affidamento alla provvidenza che moltiplica il poco messo a disposizione?
3) Ci fidiamo davvero di Dio pronti a compiere la sua volontà?
Il seme
Il Signore ha messo un seme
nella terra del mio giardino
il Signore ha messo un seme
nel profondo del mio mattino.
Io appena me ne sono accorto
sono sceso dal mio balcone
e volevo guardarci dentro
e volevo vedere il seme.
Ma il Signore ha messo un seme
nella terra del mio giardino
il Signore ha messo un seme
all’inizio del mio cammino.
Io vorrei che fiorisse il seme,
io vorrei che nascesse il fiore,
ma il tempo del germoglio
lo conosce il mio Signore.
Il Signore ha messo un seme
nella terra del mio giardino.
Il Signore ha messo un seme
nel profondo del mio mattino


«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.”
( leggiamo la spiegazione dell’affresco della Cappella Sistina del Discorso della Montagna di Rosselli)
- La proposta di Gesù è chiara fin da subito, nel vangelo… gli evangelisti la riportano nei vari discorsi e nelle proposte che Gesù fa ai suoi amici e alla gente che lo segue e lo ascolta: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”; la proposta di Gesù è “il Regno dei cieli”. Lui è venuto nel mondo per proporre a tutti il Regno dei cieli o come dice in altri passi “Il regno di Dio”.
- C’è una condizione fondamentale perché si possa accogliere il suo annuncio: essere poveri nello spirito. La povertà nel cuore ci apre ad accogliere il regno dei cieli e quindi la proposta di Gesù.
Sono 2 le realtà che ci interessano:
1) Cosa significa il Regno di Dio che Gesù ci propone
2) Cosa significa essere poveri nello Spirito per accoglierlo.
Stasera ci soffermeremo sulla prima realtà: Il regno di Dio
Leggiamo un passo del vangelo che ci aiuta a comprendere le parole di Gesù”Regno dei cieli”
1) Cosa significa il Regno di Dio che Gesù ci propone
Luca 4, 14-22
Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. 16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 18Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19a proclamare l'anno di grazia del Signore. 20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». 22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
Rispondiamo
Cosa significa: Consacrato con l’unzione?
Cosa significa “lieto annuncio”?
Chi sono i poveri secondo Gesù?
Chi sono i Prigionieri, i ciechi, gli oppressi?
Che significano le realtà di cui Gesù parla: “Liberazione” vista, libertà?
Cosa è l’anno di Grazia del Signore?
Il regno di Dio che Gesù annuncia è la Buona Notizia per i poveri = speranza di salvezza, di riscatto di possibilità oggi e per l’eternità.
La liberazione ai prigionieri = libertà dalla prigionia del male, dall’egoismo, dalla morte, da ogni forma di schiavitù materiale e spirituale
Ai ciechi la vista = luce, verità sulla vita dell’uomo, senso più umano della vita
Libertà agli oppressi = giustizia per gli oppressi del mondo, giustizia per gli innocenti gli sfruttati i maltrattati, i piccoli i poveri.
L’Anno di grazia del Signore = misericordia del Signore, perdono dei peccati,
(Anno santo ebraico ogni 49 anni, pace per tutti ,ritorno alla terra, riposo per tutto)
Leggiamo la pagina 40
Domande
Il Dio della mia vita ha a cuore la mia gioia oppure è come un re che mi chiede sacrifici?
Il Dio della mia vita mi carica di “Gioghi pesanti”, mi impone di fare delle cose per lui oppure mi chiede di mettermi in atteggiamento di disponibilità alla sua grazia, di un Dio che bussa per fare grandi cose?
Il Dio della mia vita è come un re che mi vuole suddito, impaurito triste e superstizioso oppure il Dio dell’incarnazione che nasconde la sua grandezza nella piccolezza, mi indica la strada della verità che mi rende libero?
Gesù dice che il regno di Dio è come una festa di nozze che un Re fece per suo figlio….
Quale è il mio stato d’animo? Sono pronto a partecipare a questa festa oppure la mia quotidianità, i miei impegni i miei problemi mi impediscono di accettare l’invito?
Sono più attratto dalla festa che emoziona, stordisce, sballa, che fa rumore e stupisce in me e attorno a me oppure cerco la festa che è gioia quotidiana e feconda, vitalità e senso della mia vita?
Che significano le parole che diciamo nel Padre nostro “Venga il tuo Regno”?
Tutti uno noi saremo
Siamo figli tuoi e dell’amore, e
portiamo in cuore te Signore,
unica speranza sei per noi,
unico sorriso sei Gesù.
Siamo cercatori di una perla,
del tuo Regno vivo in mezzo a noi,
siamo pescatori di speranza,
tutti sulla barca insieme a Te. Rit..
Rit. Tutti uno noi saremo in Te,
Gesù, chicchi di frumento per un pane,
tutti uno noi saremo in Te,
Gesù, chiesa dell’amore in Te
Gesù.
Poveri ma ricchi del tuo amore,
seme di una nuova umanità, vita che
ci apre sull’eterno, unica famiglia
Tua, Gesù.
Tu, Eterno Padre ci hai creati, Tu
Figlio fratello ci hai salvati, Spirito
Divino sei Amore,
che ci rende chiesa di Gesù. Rit. (2v)


MATTEO 9,14-38
Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 15E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno.16Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. 17Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano».
Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». 19Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. 21Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». 22Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell'istante la donna fu salvata.Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù 24disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. 25Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. 26E questa notizia si diffuse in tutta quella regione. Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». 28Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». 29Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». 30E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». 31Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. 33E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». 34Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni».
Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. 36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore.37Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Icona dello sposo
Nelle chiese di rito bizantino, l’icona “Cristo Sposo” viene usualmente presentata alla venerazione dei fedeli durante la Settimana Santa, che nella tradizione orientale è dominata dal tema delle nozze di Dio con l’umanità, da cui deriva il nome dell’Icona. L'Icona costituisce una porta d’ingresso alla preghiera della Chiesa nel triduo pasquale e sintetizza
tutti gli elementi del mistero della Pasqua del Signore. Al canto del tropario “Ecco lo Sposo viene nel mezzo della notte, beato quel servo che troverà vigilante, indegno quel servo che troverà negligente”, la sacra immagine viene portata in processione ed i fedeli hanno così modo di baciarla.
Maria è la Sposa del Signore. “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.” (Lc 1,35). La Chiesa è la Sposa del Signore Gesù. Maria prefigura la Chiesa. Quindi Maria è anche Sposa. “Gioisci Vergine e Sposa” .
Maria è anche Madre e Figlia del suo Figlio ed è amata di quell’amore con il quale il Cristo ha dato la sua vita per la sua Sposa (cf Ef 5,23-25) per renderla santa e immacolata nell’amore.
La composizione dell’Icona è abbastanza semplice: su uno sfondo dorato si erge l’Immagine di Cristo, molto frequentemente caratterizzata dagli attributi della passione. Gesù è in piedi, dentro il sepolcro vuoto, che si presenta come una cavità nera posta in primo piano. Il Suo corpo nudo, umiliato dalla morte, viene sostenuto dalla Madre, che si immedesima così anche fisicamente nel supremo sacrificio. Alle spalle delle due figure ormai totalmente accomunate nella partecipazione al mistero della redenzione, si presenta la Croce con all’estremità superiore, un cartiglio: RE DI GLORIA. Il legno del patibolo è il talamo nuziale, è l’altare del sacrificio dove la carne del Signore con il suo sangue sono perennemente pronti, offerti e donati con gioia inesprimibile: venite, prendete e mangiate, venite saziatevi e dissetatevi, al punto che spesso, in alcune Icone di questo tipo, sul bordo superiore si legge la scritta: “Non piangermi, Madre, vedendomi nel sepolcro”.
L’oro simboleggia la Luce increata e chi crede in Cristo, come Cristo è chiamato alla luce increata. Il tempo della redenzione è quindi compiuto e con esso la divina trasfigurazione: lo Sposo è pronto e con esso la Sposa; Cristo sempiterna Luce, divenuto figlio di questa terra, torna alla Luce.
La posizione eretta di Gesù simboleggia il suo sacerdozio eterno, Gesù risorto è stantem, sta in piedi ed intercede a favore degli uomini (cfr. Eb 7,25; cfr. Rm 8,34).
I segni della passione, spesso presenti in questo modello canonico, assumono il significato di segni luminosi: la contemplazione del corpo del Figlio non converte perché incute pietà nel fedele, ma in quanto i segni del martirio sono segni di bellezza e di luce.
Rispondiamo
Gesù è lo sposo che viene e a proporci la festa… in che senso?
Chiama tutti a seguirlo anche e soprattutto i peccatori…. Chiama anche te?
E’ lui che ci ridona la vita (sangue=vita) è lui la resurrezione oltre la morte e la speranza della vita…. Che significa per te?
E’ lui che ci può ridonare ogni giorno la possibilità di vedere il mondo con occhi nuovi….in che senso?
Gesù sente compassione della gente attorno a sé, perché vede le persone come pecore senza pastore in balia del male.
Che significa “Compassione”?
La compassione lo porta a farsi carico della gente e dei problemi di ciascuno e invita tutti a farsene carico anche solo con la preghiera al Padre perché ci siano tanti operai per la messe abbondante per i bisogni degli uomini; che significa questo?
Salve o dolce Vergine
Salve o dolce vergine,
salve o dolce Madre,
in Te esulta tutta la terra
ed i cori degli angeli.
Tempio santo del Signore,
gloria delle Vergini,
Tu giardino del Paradiso,
soavissimo fiore.
Tu sei trono altissimo,
tu altar purissimo,
in Te esulta, o piena di grazia,
tutta la creazione.
Paradiso mistico
fonte sigillata,
Il Signore in Te germoglia
l’albero della vita.
O Sovrana semplice,
o potente umile,
apri a noi le porte del cielo,
dona a noi la luce. Amen.


MATTEO CAP. 9,1-13;18-37
1 Salito su una barca, passò all'altra riva e giunse nella sua città. 2Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». 3Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». 4Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? 5Che cosa infatti è più facile: dire «Ti sono perdonati i peccati», oppure dire «Àlzati e cammina»?6Ma, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati - disse allora al paralitico -, prendi il tuo letto e va' a casa tua». 7Ed egli si alzò e andò a casa sua. 8Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
9Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. 10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire:Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
18Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». 19Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. 20Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. 21Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». 22Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell'istante la donna fu salvata. 23Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù 24disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. 25Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. 26E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.
27Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». 28Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». 29Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». 30E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». 31Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. 32Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. 33E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». 34Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». 35Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. 36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. 37Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
L’autorità straordinaria di Gesù.
Gesù nel vangelo e in questo brano appare come una persona investita di un’autorità straordinaria, che si manifesta con la dalla parola e dal gesto . La parola autorevole di Gesù colpisce il male alla radice: nel caso del paralitico sul peccato che intacca l’uomo nella sua libertà e lo blocca nelle sue forze vive: «Sono rimessi i tuoi peccati» (v.5); «Alzati prendi il tuo lettuccio e và a casa tua» (v.6). Davvero tutte le forme di paralisi del cuore e della mente cui siamo soggetti vengono annullate dall’autorità di Gesù (9,6), perché si è scontrato con esse durante la sua vita terrena. La parola autorevole ed efficace di Gesù risveglia l’umanità paralizzata (9,5-7) e le fa dono di camminare (9,6) in una fede rinnovata.
L’incontro con il paralitico.
Dopo la tempesta e una visita nel paese dei Gadareni, Gesù fa ritorno a Cafarnao, la sua città. E mentre vi fa ritorno avviene l’incontro con il paralitico. La guarigione non avviene in una casa, ma lungo la via. Dunque lungo la via che conduce a Cafarnao gli portano un paralitico. Gesù si rivolge a lui chiamandolo «figliolo», un gesto di attenzione che presto si traduce in gesto salvifico: «sono rimessi i tuoi peccati» (v.2). Il perdono dei peccati che Gesù pronuncia da parte di Dio sul paralitico accenna al legame tra malattia, colpa e peccato. È la prima volta che l’evangelista in modo esplicito dice che Gesù ha questo particolare potere divino. Per i Giudei l’infermità di un uomo era considerata un castigo per eventuali peccati commessi; il male fisico, la malattia era ritenuta sempre una conseguenza di un male morale proprio o dovuto ai genitori (Gv 9,2). Gesù restituisce all’uomo la condizione di salvezza liberandolo sia dalla malattia sia dal peccato.
Per alcuni dei presenti, gli scribi, le parole di Gesù che annunciano il perdono dei peccati è una vera e propria bestemmia. Per loro Gesù è un arrogante perché solo Dio può perdonare. Tale giudizio su Gesù non lo manifestano apertamente ma lo esprimono mormorando tra di loro. Gesù che scruta nei loro cuori vede le loro considerazioni e li rimprovera per la loro incredulità. L’espressione di Gesù «affinché conosciate che il Figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati...» (v.6) sta a indicare che non solo Dio può perdonare, ma con Gesù, anche un uomo .
La folla, a differenza degli scribi, è presa dinanzi alla guarigione del paralitico dallo spavento e glorifica Dio. La folla è colpita dal potere di perdonare i peccati manifestatosi nella guarigione. La gente esulta perché Dio ha concesso un tale potere al Figlio del- l’uomo. Il tema del perdono dei peccati ritorna ancora in Mt 18 e alla fine del vangelo viene affermato che esso è radicato nella morte di Gesù in croce (26,28). Ma nel nostro contesto il perdono dei peccati è collegato con l’esigenza della misericordia presente nell’episodio che segue, la vocazione di Matteo: «...misericordia cerco e non sacrificio. Non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Tali parole di Gesù intendono dire che lui ha reso visibile il perdono di Dio; anzitutto, nei rapporti con i pubblicani e i peccatori, nel sedersi a mensa con loro.
Ma ancora...Due dolori si incrociano, due storie, due pene che il Signore fa sue. Una ragazza morta, la figlia di Giairo, e una donna che ha perdite di sangue da dodici anni. Quest'ultima è considerata impura secondo le rigide prescrizioni rituali. Impura: non può toccare nessuno senza contaminarlo. Impura: non ha una vita affettiva, di relazioni, nessuno l'abbraccia, nessuno ha rapporti con lei. La sua vita è un abisso di solitudine e di sensi di colpa. Da dodici anni. Dodici, in Israele, è il numero delle pienezza, come i dodici mesi che compongono un anno. Il suo è un dolore pieno. Trasgredisce la legge, con timore e cautela. Tocca il mantello del Maestro, con speranza e coraggio. E accade l'inverosimile: non è lei a contaminare il Signore, è lui che contamina lei e la purifica! Così come per la ragazza che, da morta, contamina chi la tocca: e invece il Signore la prende per mano e le restituisce la vita! Non è la morte a contagiare la vita, la tenebra a invadere la luce, ma è la vita che strappa al buio la ragazzina. E’ la compagnia del Signore che ci strappa da ogni tenebra, da ogni morte, da ogni peccato, da ogni impurità. È lui che contamina noi, non viceversa. Lasciamoci toccare.
I due ciechi lo riconoscono come il Messia atteso dal mondo… vista la loro fede Gesù ridona loro la possibilità di vivere e loro ottenuto il miracolo diffondono la notizia in tutta la regione suscitando ammirazione da una parte ma anche avversione da parte dei farisei. Gesù sente il peso dell'umanità che il Padre ha messo sulle sue spalle. Anche se Lui è perfetto e vero Dio, è anche perfetto e vero uomo. Dovendo redimere, salvare, confortare, consolare, dare ristoro ad ogni uomo, avverte la non possibilità di poter assolvere ad un compito così vasto, universale, plenario, globale. D'altronde nessun uomo, anche il più perfetto, il più santo, il più volenteroso, il più ricolmo di Spirito Santo - nessuno sarà mai così pieno e perfetto come Gesù Signore - vi potrà mai riuscire. Come fare perché ognuno, che è mandato per la salvezza della moltitudine, possa svolgere secondo verità questo ministero di compassione e di pietà? La via è una sola: chiedere al Signore che mandi molti altri operai nella sua messe, perché insieme a lui, non senza di lui, contro di lui, svolgano questo suo stesso ministero. Gesù associa a sé i Dodici. A loro aggiunge altri settantadue discepoli. Li associa perché formino con Lui, per Lui, in Lui, un solo corpo missionario. Non diversi corpi, sparsi nel mondo gli uni contro gli altri, gli uni separati dagli altri, gli uni senza gli altri. Lo scandalo della Chiesa, della cristianità è proprio questo: si è separati gli uni dagli altri. Nascono le diverse confessioni cristiane. Si è separati gli uni dagli altri. In ogni confessione nascono fazioni, cordate, divisioni, separazioni, lacerazioni, contrasti, opposizioni. La comunione, l'unità, lo stare insieme richiede il rinnegamento dei nostri pensieri, delle nostre personali verità, di ogni nostra opinione, dello stesso nostro cuore. Se è necessario, dobbiamo dare alla comunione anche il nostro martirio fisico e non solo quello spirituale. L'unità è molto esigente e solo chi sa rinnegarsi in ogni momento, dinanzi ad ogni altra persona, potrà essere strumento di comunione. Dove regna il peccato però regnerà sempre la divisione. Essa è il frutto sempre del male.
Quali sono le azioni che compie Gesù? :
Confronto con la parola
1) In che senso siamo paralitici? Che cosa è la paralisi spirituale che spesso ci tocca? Quali segni della paralisi spirituale vedi intorno a te? E nella nostra società? Da soli possiamo liberarci dalla nostra paralisi? L’uomo da solo si può salvare?
2) Sei convinto che Gesù, chiamato amico dei peccatori, non disprezza le tue debolezze e le tue resistenze, ma se ne fa carico, offrendoti l’aiuto necessario per vivere una vita in armonia con Dio e con i fratelli?
Quando fai l’esperienza di tradire o rifiutare l’amicizia con Dio ricorri al sacramento della riconciliazione che ti riconcilia con il Padre e con la chiesa e fa di te una creatura nuova nella forza dello Spirito Santo?
Gesù sorgente di Vita
E' Gesù la sorgente di vita per l'umanità.
E' Gesù la sorgente di vita per l'umanità.
E' Gesù la speranza e l'amore.
E' Gesù nuovo raggio di sole.
E' Gesù la sorgente di vita per l'umanità.
Credo nell'azzurro universale del cielo. - Credo, credo.
Credo nella terra, nei colori del mondo. - Credo, credo.
Credo nell'acqua divina che genera l'uomo. - Credo.
Credo nel Padre del cielo, Creatore di vita.
Cristo è risorto e fiorisce la Chiesa. - Credo, credo.
Cristo è il profeta del vangelo di gioia. - Credo, credo.
Fonte di carismi e di fede, di annuncio di lui. - Credo.
Gloria a Cristo Gesù, speranza di vita. Rit
Credo la Chiesa missionaria nel mondo. - Credo, credo.
Credo nei suoi Martiri di ieri e di oggi. - Credo, credo.
Nuova Pentecoste di fuoco incendia la terra. - Credo.
Gloria a Cristo Gesù, sorgente d'amore. Rit


CHI E’ COSTUI?
(Incontro del 09.12.2014)
“Dobbiamo conoscerlo, conoscerlo meglio; non basta un ricordo convenzionale: non basta un culto nominale; dobbiamo renderci conto circa la sua vera, profonda, misteriosa entità….. “ (Paolo VI)
Dannate nuvole
Quando cammino su queste
Dannate nuvole
Vedo le cose che sfuggono
Dalla mia mente
Niente dura, niente dura
E questo lo sai Però
Non ti ci abitui mai
Quando cammino in questa
Valle di lacrime
Vedo che tutto si deve Abbandonare , Niente dura, niente dura
E questo lo sai Però
Non ti ci abitui mai
Chissà perchè? Chissà perchè?
Chissà perchè?
Quando mi sento di dire la “verità”
Sono confuso Non son sicuro
Quando mi viene in mente
Che non esiste niente Solo del fumo
Niente di vero Niente è vero, niente è vero E forse lo sai Però
Tu continuerai
Chissà perchè? Chissà perchè?
Chissà perchè?
Quando mi viene in mente
Che non esiste niente Solo del fumo
Niente di vero Niente dura, niente dura E questo lo sai Però
Tu non ti arrenderai
Chissà perchè? Chissà perchè?
Chissà perchè? Chissà perchè?
Chissà perchè? Chissà perchè?
Chissà perchè? Chissà perchè?
Chissà perchè?
Quando mi viene in mente
Che non esiste niente
Giovanni 11
Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto.Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni».Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
HO UN AMICO
Ho un amico grande, grande ;
di più giusti non ce n’è :
mi ha donato tutto il mondo,
è più forte anche di un re.
Se io tremo lui è sicuro
e non ha paura mai ;
è l’amico più sincero, sai,
e ti segue ovunque vai.
Però talvolta lo sfuggo
e voglio fare da me,
ma crolla presto il mio mondo
Perché lui è più forte di me.
Una volta io credevo
di potere amare da me ;
non pensavo e non sapevo
che non può nemmeno un re.
Però talvolta lo sfuggo
e voglio fare da me,
ma crolla presto il mio mondo perché
lui è più forte di me.
Analizziamo e riflettiamo
1) Chi possiamo vedere in Lazzaro, Marta e Maria?
Quali sentimenti Gesù ha nel cuore verso di loro in particolare per Lazzaro?
Come reagisce Gesù alla notizia che Lazzaro sta male?
Quando giunge a Betania e gli dicono che Lazzaro è nel sepolcro Gesù che reazione ha?
Che significa “Commuoversi”?
Dal Vocabolario “Violenta scossa al cervello e ai visceri, stato dell'animo perturbato: ecco quello che trovi se cerchi la parola commozione sul vocabolario etimologico. Sicuramente l'espressione commuoverci ci evoca un senso dimuoverci con qualcosa e in effetti l'etimologia ci parla di uno stato di cambiamento dovuto al turbamento, alla sopraffazione che ci procura una passione o uno stato d'animo. Diciamo allora che si manifesta un evento emotivo che per qualche ragione ci smuove. Siamo nel movimento dell'anima. L'anima è movimento allo stato puro in effetti (dal greco anemos=vento). Essa si muove nel tempo (indietro con i ricordi, avanti con i progetti per il futuro) e nello spazio (l'anima corre sul filo delle nostre quotidiane email e percorre chilometri e chilometri mettendo in connessione persone anche lontanissime).
“Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto.Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!».
2) Noi che rapporto abbiamo con Gesù?
Possiamo parlare di amicizia come la intende Lui?
E la sua amicizia per Lazzaro e gli apostoli che qualità ha?
Come è la nostra amicizia con gli altri?
Spunti di riflessione:
• Amicizia dono divino, gratuito, non si può esigerla, programmarla rigorosamente.
Dono dall’alto e va accolta con atteggiamenti di bontà, benevolenza, cortesia, umanità verso gli altri.
• L’amicizia è bella, dà sapore alla vita, la illumina, arricchisce i rapporti, cambia le persone. In questo senso è un
grandissimo valore.
• Amicizia è fedeltà nelle prove fino alla morte. Gesù afferma che l’amicizia è dare la vita: “Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici… voi siete miei amici se farete ciò che vi comando..!!” Per questo è un dono difficilissimo e raro. Non va confusa con il cameratismo.
• L’amicizia va oltre la morte (2 Sam 9,1ss). L’Eucarestia segno dell’amicizia di Gesù nella morte e oltre la morte.
L’Eucarestia è il momento culminante della contemplazione dell’amicizia: in essa c’è fedeltà, perseveranza, rischio della vita, amore.
Icona copta, del VII secolo, raffigurante il Cristo e Mena, abate del monastero di Alessandria. Gesù il Cristo e il suo amico camminano, fianco a fianco, guardando avanti. Gesù tiene il suo braccio intorno alle spalle dell’amico, la sua mano buona e guaritrice sulla sua spalla. Un gesto affettuoso e di stima, che comunica l’amore di Gesù, un amore vicino, affettuoso, sincero, e anche molto saggio, un amore che non chiude ma apre al cammino, incoraggia e sospinge. Una icona quasi ingenua per quanto semplice, ma proprio qui è la sua forza. L’amico ha gli occhi un po’ strabici: uno guarda avanti, l’altro è diretto verso Gesù. Indica lo sguardo dell’amico e del discepolo, che cammina seguendo Gesù, non va da solo, non fa di testa sua. Gli occhi sono grandi, come quelli di Gesù, che sembra avergli trasmesso la sua attenzione, il suo modo di vedere, il suo sguardo sulla vita e sul mondo. Anche le orecchie sono grandi, “per sentirci meglio”, e indicano l’importanza di ascoltare per chi si vuole mettere su questa strada. Nelle mani tiene una piccola pergamena, come Gesù tiene il Libro Sacro, il Libro sigillato della Scrittura e della Storia della Salvezza e lui su questa piccola pergamena, forse porta il suo bagaglio, gli appunti che ha preso dal Libro, dalle parole del suo amico e maestro. Queste due figure ci guardano, vengono verso di noi e ci invitano ad immedesimarci in questo uomo, un po’ vecchio, che cammina con il Signore Gesù. è un uomo qualunque eppure cammina a fianco di Gesù, e Gesù cammina con lui. Mettiamoci al suo posto, sentiamo la mano sicura, calda e leggera di Gesù su di noi. Una mano che ci ama e ci incoraggia, che tocca con infinita delicatezza le corde più profonde del nostro cuore e le consola, le guarisce e con impercettibile forza ci spinge avanti, ci fa vivere la vita vera, in profondità. E ci insegna ad amare, amare tutti, ci spinge sui suoi passi, ci insegna le cose davvero importanti. Cosa temerà di affrontare una persona che vive con Gesù il Signore così vicino a sé?
Benedetto XVI nella visita a Fatima «Carissimi fratelli e giovani amici, Cristo è sempre con noi e cammina sempre con la sua Chiesa, la accompagna e la custodisce, come Egli ci ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Non dubitate mai della sua presenza! Cercate sempre il Signore Gesù, crescete nella amicizia con lui, ricevetelo nella comunione. Imparate ad ascoltare la sua parola e anche a riconoscerlo nei poveri. Vivete la vostra esistenza con gioia ed entusiasmo, sicuri della sua presenza e della sua amicizia gratuita, generosa, fedele fino alla morte di croce. Testimoniate a tutti la gioia per questa sua presenza forte e soave, cominciando dai vostri coetanei. Dite loro che è bello essere amico di Gesù e vale la pena seguirlo. Con il vostro entusiasmo mostrate che, fra tanti modi di vivere che il mondo oggi sembra offrirci – apparentemente tutti dello stesso livello –, l’unico in cui si trova il vero senso della vita e quindi la gioia vera e duratura è seguire Gesù. Cercate ogni giorno la protezione di Maria, Madre del Signore Gesù Cristo e specchio di ogni santità. Ella, la Tutta Santa, vi aiuterà a essere fedeli discepoli del suo Figlio Gesù Cristo»
Te al centro del mio cuore
Ho bisogno d’incontrarti nel mio cuore
di trovare Te, di stare insieme a Te,
unico riferimento del mio andare,
unica ragione Tu, unico sostegno Tu,
al centro del mio cuore ci sei Tu.
Anche il mondo gira intorno
e non ha pace, ma c’è un punto
fermo, è quella stella là.
La stella polare fissa, ed è la sola,
la stella polare Tu, la stella sicura Tu.
Al centro del mio cuore ci sei solo Tu
Rit. Tutto ruota intorno a Te
in funsione di Te,
e poi non importa
il ‘come’ il ‘dove’ e il ‘se’.
Che Tu splenda sempre al centro del mio cuore, il significato allora sarai Tu.
Quello che farò sarà soltanto amore.
Unico sostegno Tu, la stella polare Tu, al centro del mio cuore ci sei Tu. Rit.


Le domande dell'uomo sul senso della vita (Incontro del 01.12.2014)
Quante le strade che un uomo farà
e quando fermarsi potrà?
Quanti mari un gabbiano dovrà attraversar
per giungere e per riposar?
Quando tutta la gente del mondo riavrà
per sempre la sua libertà?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
Quando dal mare un'onda verrà
che i monti lavare potrà?
Quante volte un uomo dovrà litigar
sapendo che è inutile odiar?
E poi quante persone dovranno morir
perché siamo in troppi a morir?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
Quanti cannoni dovranno sparar
e quando la pace verrà?
Quanti bimbi innocenti dovranno morir
e senza sapere il perché?
Quanto giovane sangue versato sarà
finché un'alba nuova verrà?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
(Bob Dylan tradotto da Mogol)
Voglio trovare un senso a questa sera
Anche se questa sera un senso non ce l’ha
Voglio trovare un senso a questa vita
Anche se questa vita un senso non ce l’ha
Voglio trovare un senso a questa storia
Anche se questa storia un senso non ce l’ha
Voglio trovare un senso a questa voglia
Anche se questa voglia un senso non ce l’ha
Sai che cosa penso Che se non ha un senso
Domani arriverà… Domani arriverà lo stesso
Senti che bel vento Non basta mai il tempo
Domani un altro giorno arriverà...
Voglio trovare un senso a questa situazione
Anche se questa situazione un senso non ce l’ha
Voglio trovare un senso a questa condizione
Anche se questa condizione un senso non ce l’ha
sai che cosa penso Che se non ha un senso
Domani arriverà Domani arriverà lo stesso
Senti che bel vento Non basta mai il tempo
Domani un altro giorno arriverà...
Domani un altro giorno... ormai è qua!
Voglio trovare un senso a tante cose
Anche se tante cose un senso non ce l’ha .
(Vasco Rossi)
Giovanni capitolo 4
I farisei avevano sentito dire che Gesù battezzava e faceva più discepoli di Giovanni. (Non era Gesù, però, che battezzava; erano i suoi discepoli). Quando egli lo seppe, lasciò il territorio della Giudea e se ne andò verso la Galilea, perciò doveva attraversare la Samaria. Così arrivò alla città di Sicàr. Lì vicino c'era il campo che anticamente Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe, e c'era anche il pozzo di Giacobbe. Gesù era stanco di camminare e si fermò, seduto sul pozzo. Era circa mezzogiorno. I discepoli entrarono in città per comprare qualcosa da mangiare. Intanto una donna della Samaria viene al pozzo a prendere acqua. Gesù le dice:- Dammi un po' d'acqua da bere. Risponde la donna:- Perché tu che vieni dalla Giudea chiedi da bere a me che sono Samaritana? (Si sa che i Giudei non hanno buoni rapporti con i Samaritani).Gesù le dice:
- Tu non sai chi è che ti ha chiesto da bere e non sai che cosa Dio può darti per mezzo di lui. Se tu lo sapessi, saresti tu a chiederglielo, ed egli ti darebbe acqua viva. La donna osserva: - Signore, tu non hai un secchio, e il pozzo è profondo. Dove la prendi l'acqua viva? Non sei mica più grande di Giacobbe, nostro padre, che usò questo pozzo per sé, per i figli e per le sue bestie, e poi lo lasciò a noi! Gesù risponde alla donna: - Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete. Invece, se uno beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete: l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente che dà la vita eterna. La donna dice a Gesù:- Signore, dammi quest'acqua, così non avrò più sete e non dovrò più venir qui a prendere acqua.
Gesù dice alla donna:- Va' a chiamare tuo marito e torna qui. La donna gli risponde: - Non ho marito. Gesù le dice: - Giusto. È vero che non hai marito. Ne hai avuti cinque, di mariti, e l'uomo che ora hai non è tuo marito. La donna esclama: - Signore, vedo che sei un profeta! I nostri padri, Samaritani, adoravano Dio su questo monte; voi in Giudea dite che il posto per adorare Dio è a Gerusalemme. Gesù le dice: - Voi Samaritani adorate Dio senza conoscerlo; noi in Giudea lo adoriamo e lo conosciamo, perché Dio salva gli uomini cominciando dal nostro popolo. Ma credimi: viene il momento in cui l'adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte o a Gerusalemme; viene un'ora, anzi è già venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio. Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio. La donna gli risponde: - So che deve venire un Messia, cioè il Cristo, l'inviato di Dio. Quando verrà, ci spiegherà ogni cosa. E Gesù:- Sono io il Messia, io che parlo con te. A questo punto giunsero i discepoli di Gesù. Videro che parlava con una donna, e si meravigliarono. Nessuno però gli disse: 'Che vuoi?' o: 'Perché parli con lei?'. Intanto la donna aveva lasciato la brocca dell'acqua ed era tornata in città a dire alla gente: 'Venite a vedere: c'è uno che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Non sarà per caso il Messia?'.La gente allora uscì dalla città, e andò verso il pozzo dove c'era Gesù. Intanto i discepoli gli dicevano:- Maestro, mangia qualcosa! Ma egli disse:- Io ho un cibo che voi non conoscete. I discepoli si chiedevano l'un l'altro:- Forse qualcuno gli ha portato da mangiare? Ma Gesù disse loro:- Il mio cibo è fare la volontà di Dio che mi ha mandato, e compiere la sua opera fino in fondo. C'è un proverbio, da voi, che dice:'Ancora quattro mesi, poi è ora di tagliare il grano'. Bene, io vi dico: Alzate gli occhi e guardate i campi! È il momento di mietere. I mietitori ricevono già la paga e mettono insieme un raccolto per la vita eterna. Chi semina e chi raccoglie si rallegrano insieme. Un altro proverbio dice:
'Uno semina e l'altro raccoglie'. Ebbene, questo si realizza ora: voi non avevate faticato a seminare, eppure io vi ho mandati a raccogliere. Altri hanno faticato prima di voi, e voi siete venuti a raccogliere i frutti della loro fatica. La donna samaritana, intanto, raccontava che Gesù aveva saputo dirle tutto quello che lei aveva fatto; per questo, molti abitanti di quella città della Samaria credettero in Gesù. I Samaritani dunque andarono a cercarlo e lo pregarono di rimanere con loro, e Gesù restò due giorni in quella città. E quando ascoltarono le sue parole, furono molti di più a credere. E dicevano alla donna: 'Prima ci aveva persuasi la tua storia, ma ora crediamo in lui perché l'abbiamo sentito con le nostre orecchie, e sappiamo che egli è veramente il salvatore del mondo'.
Riflettiamo:
1) Quali domande porta con sé la samaritana?
Cosa cerca nella sua vita?
Cosa ha cercato e non ha trovato?
* E noi che domande abbiamo nel cuore?
Noi cosa cerchiamo nella vita?
Abbiamo le risposte per rispondere a chi ci chiede spiegazione sul senso
del dolore, della morte del male delle sofferenze degli innocenti?
2) Cosa sta trovando nell’incontro con Gesù?
Quali risposte le sembra di intravvedere in Gesù?
Davanti a Gesù come si sente? E’ accolta da Gesù? E’ capita?
Si sente conosciuta fino in fondo?
* E noi davanti al Signore come ci sentiamo?
Come è la nostra fede in Lui?
Quando preghiamo cosa cerchiamo nel dialogo con Gesù?
Nei sacramenti cosa cerchiamo?
Il Vangelo nasce come esigenza di raccogliere tutte le domande che l'uomo di ogni tempo pone al Maestro, a colui che si erge rispetto alla mediocrità comune. Quante domande nel Vangelo!!!! È proprio un testo che raccoglie le domande presenti nel cuore di ogni uomo… domande provocatorie…...domande retoriche…...domande piene di sdegno e di rabbia…...domande che aprono al mistero e domande senza senso
Tutte le domande....
Quante strade deve percorrere un uomo per potersi riconoscere uomo? Vi rispondo: una! Una sola è la strada dell'uomo, e questa
è Cristo, che ha detto "Io sono la via" (Gv 14, 6). Egli è la strada della verità, la via della vita. (San Giovanni Paolo II).
LO CONOSCO DAVVERO?
.... viene spontaneo riflettere come il Signore volle farsi conoscere e come il primo dovere che noi uomini abbiamo verso questo misterioso Fratello venuto in mezzo a noi è di conoscerlo ...La prima conoscenza è quella sensibile, quella di contemplare in qualche modo con gli occhi del corpo, "utcumque corporis pervidere». Ed è una forma naturalissima di conoscenza, che Cristo volle concedere a quei fortunati, i quali poterono avvicinarlo durante la sua vita temporale, “in illo tempore”, in quel tempo, come ci istruisce la lettura evangelica della santa Messa; ed è una forma desideratissima, che tutti vorremmo godere, ed i santi più di tutti.
Ricordate che cosa dicono i pastori, dopo l'annuncio dell'Angelo: «Andiamo a vedere?,. (Lc. 2, 15) e il desiderio dei Gentili, presenti all’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme: “Vogliamo vedere Gesù”(Gv. 12, 21). E la testimonianza degli Apostoli: “quello che abbiamo veduto con gli occhi nostri, quello che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato ... ?” (I Gv. 1, l). Era il desiderio dell'Apostolo Tommaso: “Se non vedo ..., se non tocco..., io non credo” (Gv.20,25). Ma questa conoscenza sensibile ha avuto la sua funzione iniziale, parziale e passeggera per dare certezza concreta, positiva, storica, a coloro che avrebbero poi avuto la missione di predicare la testimonianza circa la realtà umana e prodigiosa di Gesù, e di suscitare quella nuova forma di conoscenza, sulla quale è fondato tutto l'edificio religioso stabilito da Cristo: la fede. Fu Lui ad ammonirci: “Beati coloro che avranno creduto, senza aver veduto” (Gv. 20, 29). “Per fede, scrive S. Paolo, noi camminiamo, non per visione» (2 Cor. 5,7). Ma sta il fatto che la venuta di Cristo nel mondo genera per noi il problema e il dovere di conoscerlo. Come conoscerlo? Ecco la domanda che ciascuno deve porre a se stesso: conosco io Gesù Cristo? Lo conosco davvero? Lo conosco abbastanza? Come posso conoscerlo meglio? Nessuno è in grado di rispondere in modo soddisfacente a questi interrogativi, non solo perché la conoscenza di Cristo pone tali problemi e nasconde tali profondità che solo l'ignoranza, non l'intelligenza può dirsi paga d'una qualsiasi nozione su Cristo; ma anche perché ogni nuovo grado di conoscenza che di Lui acquistiamo invece di calmare il desiderio della conoscenza di Cristo, vieppiù li risveglia: l'esperienza degli studiosi, e ancor più quella dei santi, lo dice.
IL MISTERO DI CRISTO
Dobbiamo conoscerlo, conoscerlo meglio; non basta un ricordo convenzionale: non basta un culto nominale; dobbiamo renderci conto circa la sua vera, profonda, misteriosa entità, circa il significato della sua apparizione nel mondo e nella storia, circa la sua missione nel quadro dell'umanità, circa il rapporto che intercede tra Lui e noi, e così via.
Non avremo mai finito di sondare il mistero della sua personalità (una Persona, quella del Verbo di Dio, vivente nelle due essenze di Gesù, la natura divina e la natura umana); non avremo mai finito di ascoltarlo, come Maestro, di imitarlo, come esempio, di amarlo come Salvatore, ecc. Non avremo mai finito di scoprire la sua attualità, la sua importanza per tutte le vere e grandi questioni del nostro tempo: non avremo mai finito di sentir nascere in noi, come esperienza spirituale unica, il desiderio, il tormento, 1a speranza di poterLo alla fine vedere, incontrarci con Lui, e di capire e di gustare, fino alla suprema felicità, ch 'Egli è la nostra Vita, nuova e vera, la nostra salvezza. Se vogliamo veramente conoscere Dio, dobbiamo rivolgerci a Gesù, se vogliamo conoscere veramente l'uomo, ancora dobbiamo chiederlo a Lui. Da Gesù parte la via che sale alla vera conoscenza del Padre Celeste, e dell'intima, infinita Vita di Dio, la Santissima Trinità, da Gesù parte la via che discende alla vera conoscenza dell'umanità, al mistero dell'uomo, della sua natura, del suo destino. Paolo VI
Acqua viva
Chi berrà la mia acqua
non avrà più sete in eterno
e quest’acqua sarà per lui
fonte di vita per l’eternità.
Affamati e stanchi
voi oppressi e poveri venite
attingete con gioia a Lui
alla sorgente di felicità.
Fiumi di acqua viva
sgorgheranno in colui che crederà
nel Signore che dona a noi
l’acqua di vita e di verità.
Percuotendo una roccia
dissetasti il popolo in cammino
fa’ che sempre noi camminiam
nel tuo timore nella fedeltà.
Fonte inesauribile
Pace eterna, Carità perfetta
Noi a mensa con Te sediam
dolce, immensa Santa Trinità. Amen.


ANTICA ALLEANZA
(Incontro del 24.11.2014)
Premessa: Dopo aver parlato di Gesù come ci viene presentato dai Vangeli che sono il frutto e la testimonianza della predicazione degli Apostoli e la loro fede in Lui come Salvatore e Messia morto e risorto, prendiamo ora in considerazione la prima parte della Bibbia cioè l’Antico Testamento in quanto Gesù la conosceva e per Lui è Parola di Dio cioè sua rivelazione al popolo Ebraico.
Se il contenuto della Bibbia è la rivelazione divina, è chiaro che la Sacra Scrittura non può essere semplicemente opera dell'uomo ma occorre guardare anche a Dio come autore. Si tratta della ispirazione divina del testo sacro: Dio ha influito direttamente sugli autori dei libri dell'Antico e del Nuovo Testamento. Tutta la Sacra Scrittura ha dunque Dio stesso come autore, secondo quanto scriveva San Paolo: "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio" (Seconda Lettera a Timoteo 3, 16). Questo non significa che i singoli autori dei diversi libri sacri siano stati dei semplici strumenti di cui Dio si sarebbe servito, dettando loro quanto intendeva fare conoscere all'umanità: l'ispirazione è infatti avvenuta nel pieno rispetto delle personalità dei diversi autori, i quali - secondo la propria preparazione e sensibilità culturale -hanno attinto a diversi materiali preesistenti, hanno scelto un determinato genere letterario, hanno utilizzato le parole e le immagini che ritenevano più efficaci. In questo modo, si può dire che la Bibbia sia opera di una varietà di redattori, per quanto Dio ne rimanga l'unico sommo autore. Poiché ispirata divinamente, la Bibbia è detta anche Parola di Dio. I libri che sono riconosciuti come divinamente ispirati sono inseriti nel Canone. Questa parola che deriva dal greco e significa "norma", "regola" indica la lista ufficiale dei libri che compongono I' Antico e il Nuovo Testamento. L'esigenza di definire ufficialmente i libri che compongono la Bibbia nacque in risposta alle numerose eresie cioè dottrine non conciliabili con la fede della Chiesa che tentavano di togliere o aggiungere a proprio piacimento libri dall'insieme di quelli riconosciuti come Sacri. Si giunse in tal modo al Concilio di Trento in cui, nel 1546, fu definito il Canone delle Sacre Scritture, riconoscendo l'ispirazione divina dei 46 libri che ancora oggi compongono l'Antico Testamento e dei 27 che fanno parte del Nuovo Testamento. In questo modo, si stabilì in maniera definitiva quali fossero le Sacre Scritture, permettendo a ogni credente di accostarsi a esse in piena sicurezza e senza il rischio di incorrere in testi contenenti eresie e falsità.
I testi che sono riconosciuti dagli ebrei come ufficialmente facenti parte della Bibbia sono tutti dell'Antico Testamento, e non comprendono alcuni libri (Tobia, Giuditta, Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc) che invece la Chiesa cattolica considera autenticamente ispirati da Dio.
La prima parte della Bibbia, denominata Antico 'testamento, comprende 46 libri. Questi testi sono accomunati dallo stesso atteggiamento di fondo: parlano infatti dell'unico Dio che stringe un patto, un'alleanza (in ebraico תירב berìt, tradotto in gre- co con δίαθηκη diathèke e nel latino del Nuovo Testamento con testamentum: "Testamento" significa proprio "alleanza") con il popolo eletto, Israele, e tramite esso con l'umanità, per donare a ciascuno la salvezza in Gesù Cristo.
I libri dell'Antico Testamento sono raggruppabili in quattro tipologie diverse.
Il primo gruppo - che comprende il Pentateuco dopo una breve introduzione sulle origini del mondo e dell'uomo, passa a esaminare l’alleanza tra Dio e il popolo Ebreo attraverso Abramo Isacco Giacobbe fino a Mosè.
Il secondo gruppo sono i libri storici che esaminano le vicende relative alla storia del popolo ebraico, dalle sue origini fino alle soglie dei fatti narrati poi nel Nuovo Testamento.
Il terzo gruppo comprende tutti quei libri che sono scritti, per la loro quasi totalità, in poesia e vengono dunque chiamati Libri Poetici. Poiché affrontano in prevalenza temi di taglio dottrinale o sapienziale, sono anche detti Libri Didattici o, appunto, Sapienziali.
Infine, il quarto gruppo di libri è formato dagli scritti che raccolgono le parole dei profeti e narrano parte delle loro vicende e delle parole che Dio rivolge al suo popolo nel corso della sua storia.
Il Pentateuco: Il termine Pentateuco deriva dal greco e significa "libro in cinque rotoli": con esso i traduttori greci indicarono i primi cinque libri della Bibbia che, come abbiamo già visto, gli ebrei indicano anche con il nome di Torah, ovvero la Legge, poiché in essi si ritrovano numerosi precetti e norme che Dio ha dato al suo popolo e che devono essere osservati per vivere giustamente. In origine i libri che costituiscono il Pentateuco - cioè Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio - erano considerati un testo unico attribuito a Mosè. E' difficile stabilire con esattezza la data di composizione delle diverse sezioni del Pentateuco, ma è ormai stabilito che si tratta di un testo frutto della progressiva rielaborazione di differenti versioni e traduzioni a opera di diversi autori. Nella varietà dei fatti e dei personaggi di questo testo, si possono però individuare quattro nuclei o filoni principali: la creazione del mondo e dell'uomo; l'alleanza proposta agli ebrei, scelti come "popolo eletto"; la schiavitù degli ebrei e la liberazione dall'Egitto; infine, le leggi che hanno guidato il popolo ebraico nell'obbedienza e lo hanno punito nella disobbedienza .
I Libri Storici Nei Libri Storici dell' Antico Testamento (Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, I e 2 Re, 1 e 2 Cronache, Esdra, Neemia,Tobia, Giuditta, Ester, 1 e 2 Maccabei) viene raccontata la storia del popolo di Israele dall'entrata nella"terra promessa" fino alla perdita di questo preziosissimo dono fatto da Dio a causa della mancata risposta al suo amore. Si tratta di una storia drammatica, dal ritmo incalzante e coinvolgente, che si snoda attraverso sei secoli circa e che è stata tramandata da protagonisti che vi sono stati direttamente coinvolti e da testimoni che hanno sperimentato le conseguenze successive agli eventi narrati. Dalla conquista del territorio promesso dal Signore alla costituzione di uno stato monarchico, le vicende epiche narrate nei Libri Storici si intrecciano alla grandezza dei loro protagonisti - da Samuele a Saul, da Davide a Salomone -- fino a rivelare lo sfondo comune di un continuo dialogo di Dio con il suo popolo, lungo una secolare alternanza di fedeltà e tradimenti che, di generazione in generazione, segnano l'Alleanza tra il Signore e Israele.
I Libri Sapienziali e Poetici Questo gruppo di libri (Giobbe, Salmi, Proverbi, Quelet, Cantico dei Cantici, Sapienza, Siracide) comprende testi scritti in forma generalmente poetica, alternati a brani in prosa. Elementi comuni dei Libri Sapienziali e Poetici sono alcuni importanti temi religiosi: la riflessione su Dio e la rilettura della storia dell'Alleanza; la preghiera di lode e di supplica; la meditazione teologica e l'insegnamento morale. Il tema che ritorna in modo più insistente è però quello della sapienza, cioè della saggezza della vita. Ogni libro, attraverso generi letterari diversi - poesie e canti, detti e proverbi - trasmette insegnamenti e raccomandazioni per la generazione successiva, illuminando in tal modo il percorso della sapienza di Israele: non si tratta di una sapienza teorica, né di una dottrina astratta, ma si identifica con quella verità che é frutto dell'esperienza vissuta e del confronto quotidiano con una vita che, attraverso gioie e dolori, offre continuamente all'uomo interrogativi e domande di senso.
I Libri Profetici Questo gruppo di libri biblici comprende i Profeti Maggiori (Isaia, Geremia, Ezehicle e Daniele) e i Profeti Minori (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Ageo, Zaccaria, Malachia); questi ultimi sono detti così a motivo della brevità dei loro scritti, peraltro comunque estremamente significativi. Solitamente il termine profeta è associato a un uomo che sa preannunciare un certo avvenimento, che cioè parla prima che un evento si compia. La corretta etimologia del termine nel solco dell'orizzonte biblico comprende però anche e soprattutto il significato di colui che parla per, cioè al posto o per conto di un altro; in questo senso, il profeta è colui che parla per conto di Dio.
I profeti sono dunque gli uomini scelti da Dio per parlare in suo nome al popolo eletto: e ai profeti che il Signore affida il compito di esortare Israele nei momenti di prova, di rimproverarlo quando si sta allontanando da Dio, di incoraggiarlo offrendo a esso parole e visioni di un avvenire felice. I profeti sono dunque uomini che, afferrati completamente da Dio, si dedicano totalmente alla missione che il Signore intende affidare loro, guidando il popolo con parole e messaggi che ancora oggi si rivelarmi un insegnamento assai valido e attuale.
Come leggere l’Antico testamento?
Lì’antico testamento va letto in modo globale non settoriale. Essa contiene una rivelazione progressiva che culmina con Cristo: Non ci si può dunque fermare ad un brano, specie dell’Antico Testamento e assolutizzarlo (come fanno i Testimoni di Geova e i Mormoni), senza tener conto della rivelazione cristiana che può averlo arricchito o corretto. L’Antico Testamento va letto alla luce del Nuovo Testamento. Una verità va vista nell’intero arco delle rivelazione per comprenderla e usarla rettamente. Insomma la Bibbia non può essere usata a pezzettini, ma va usata tutta intera dal Genesi all’Apocalisse.
Nell’Antico Testamento, specie negli scritti più antichi, ci sono alcune concezioni religiose, sia di fede che di morale, ancora imperfette e incomplete. Vi sono infatti convinzioni che lentamente regrediscono fino a scomparire, perché frutto di ambienti religiosi ancora primitivi, e concezioni che progrediscono fino alla piena maturità del vangelo. Così molte concezioni di Dio mutuate dall’ambiente religioso dell’oriente tendono a scomparire: Pensiamo al concetto di Dio guerriero e violento, al Dio che incute paura e giudica con severità le azioni umane; egli deve far giustizia esclusivamente in questo mondo con il suo premio e il suo castigo immediati. Fino al secondo secolo a.C. non si aveva idea delle vita oltre la morte e del giudizio di Dio nell’aldilà. Lo Scheol (= gli inferi) era concepito alla maniera pagana come un mondo umbratile e sotterraneo dei morti senza più vita né speranza. Alcune concezioni morali sono ancora legate alla barbarie dei tempi. Così l’idea della vendetta, sia pure limitata, le leggi crudeli che regolavano il comportamento in guerra, la poligamia, il divorzio quasi arbitrario,la pena di morte comminata con frequenza anche per infrazioni per noi insignificanti.
Due sono gli strumenti principali della lettura dell’Antico testamento: L’esegesi (spiegazione-esposizione) che è la ricerca scientifica della Bibbia per capirne il significato letterale e storico, fatta con i mezzi offerti dalla critica storica e letteraria che usa la conoscenza delle lingue antiche, il confronto con le letterature orientali antiche, l’archeologia, l’analisi narrativa, l’analisi retorica, l’antropologia culturale, la lettura giudaico-rabbinica , la ricerca patristica (Origene, Girolamo) L’ermeneutica (interpretazione-applicazione), che è una ricerca tendente a scoprire il senso di un testo per noi oggi. Essendo la Bibbia un libro, opera di Dio e dell’uomo, è necessario ritrovare il significato dei testi come era inteso dagli scrittori


LA BIBBIA
(Incontro del 17.11.2014)
La Bibbia è una collezione di libri, una biblioteca comprendente 73 volumi;46 dell’Antico Testamento e 27 del Nuovo Testamento.
Il significato della parola Bibbia proviene dalla parola greca biblos che è la corteccia interna del papiro; sembra anche che il vocabolo biblos derivi da Biblos, città fenicia vicina all’attuale Beiru(Libano), dove si produceva il papiro. Erano quindi non come i nostri libri ma rotoli di papiro.
Questa pianta cresceva sul delta del Nilo, in Egitto, e serviva come materiale scrittoio. Biblios è la pianta di papiro su cui si scriveva. Da qui l’altro termine: Biblion che significa libro . Nel 407 si cominciò a usare l’espressione "ta Biblìa", che significa i libri al plurale.
TESTAMENTO= PATTO DI ALLEANZA
Il concetto di patto/alleanza (in ebraico תירב berìt, tradotto in greco con δίαθηκη diathèke e nel latino del Nuovo Testamento con testamentum) è una chiave di lettura con cui leggere e quindi comprendere tutto il messaggio della Bibbia. C’è un antico patto realizzato da Dio col popolo ebreo (Noè dopo il Diluvio fa patto con Dio...poi Abramo….Isacco…. Giacobbe….. I profeti parlano di patto tra il popolo e Dio e Geremia annuncia una patto di Alleanza nuova ed eterna che Dio farà col suo popolo…...Gesù realizzerà il patto nuovo ed eterno: ….Questo è il sangue della nuova ed eterna alleanza…)
L’alleanza era l’istituzione fondamentale che regolava i rapporti tra Dio e il suo popolo e in base alla quale veniva giudicato il comportamento della comunità, dei suoi capi e dei singoli componenti del popolo di Dio.
Di solito quando si stipulava un patto si scrivevano anche le condizioni del patto alle quali i due contraenti dovevano sottostare: Mosè scrive questo patto sul Monte Sinai con le condizioni: La condizione per Dio è : “Io sono il Signore tuo Dio…. Ti salverò… ti libererò da tutti i nemici”. Le condizioni del popolo sono i 10 comandamenti. Se il popolo sarà fedele ai 10 comandamenti Dio sarà fedele al suo impegno.
Si facevano patti per per diventare parenti
per unire le forze
Il patto si realizzava mangiando insieme e il sangue degli animali uccisi diventava testimonianza di alleanza e impegno di fedeltà. Con Dio avveniva un po’ allo stesso modo: si faceva un sacrificio di un animale (spesso era un agnello), lo si uccideva su un altare , si bruciava la sua carne offerta a Dio e coloro che facevano il patto mangiavano il resto. Col sangue si aspergevano i contraenti del patto. Gesù col suo sangue e il suo sacrificio è l’agnello di Dio che si offre per la nuova ed eterna alleanza.
Quando è stata scritta la Bibbia? I rotoli della Bibbia sono stati scritti nell’arco della storia di 2 mila anni di vita del popolo ebreo per quanto riguarda l’antico testamento e il Nuovo testamento 100 anni dopo Cristo. Ovviamente non sono stati scritti tutti insieme ma vari autori ispirati da Dio hanno scritto le storie, le riflessioni, la fede e il rapporto con Dio delle famiglie e di tutto il popolo Ebreo nel corso di 2 mila anni. In particolare molti dei libri dell’A.T. sono stati scritti mettendo insieme le tradizioni e le storie che le grandi famiglie del popolo si tramandavano a voce soprattutto durante e dopo il Regno di David dal 1200a.C. in poi. Gesù che era ebreo conosceva i libri dell’antico testamento. Spesso li cita nelle sue predicazioni. Solo nel terzo , quarto secolo i cristiani hanno cominciato a mettere insieme i rotoli antichi in un solo testo e hanno fatto un elenco (canone) dei libri antichi degli Ebrei che secondo la fede in Gesù Cristo erano parola di Dio. A questi hanno aggiunto i libri del Nuovo testamento. Insieme costituiscono per noi cristiani la Parola di Dio.
Chi ha scritto la Bibbia? Di molti libri dell’A.T. e del nuovo conosciamo il nome degli autori che ispirati da Dio hanno scritto direttamente, di loro pugno i libri. Di altri non sappiamo l’autore in quanto sono stati ritrovati papiri e pezzi di papiro in scavi diversi e sono stati poi messi insieme dagli studiosi già dal primo secolo.
Soprattutto nell’A. T. era in uso un modo particolare di attribuzione dei libri sacri, venivano attribuiti al Re importante del tempo (spesso è David) o al profeta e all’uomo di Dio del periodo storico che si viveva.
Del Nuovo testamento spesso conosciamo gli autori… in altri casi non sappiamo chi abbia messo insieme i singoli libri… anche per le lettere degli apostoli o per altri libri non conosciamo l’autore. Sta di fatto che Gesù conosceva i libri dell’antico testamento e i primi cristiani avevano nelle mani libri scritti da Apostoli : i discepoli lòi hanno ritenuti essere veri perché i fatti narrati loro li avevano vissuti.
Nel primo secolo dopo Cristo e anche nel tempo dell’A.T. ci sono libri che pur parlando di Dio e di Gesù non sono stati ritenuti parola di Dio dai Primi cristiani dei primi secoli. (es. I vangeli apocrifi).
In che lingua è stata scritta la Bibbia? Nelle lingue degli Ebrei antichi e cioè ebraico, aramaico e greco. L'Antico Testamento è quasi tutto scritto in ebraico; alcune sezioni in aramaico e altri libri e sezioni di altri libri in greco. Il Nuovo Testamento è scritto tutto in greco.
L'ebraico è una lingua semitica alfabetica, con sole consonanti. Una lingua semplice; non possiede tutte le variazioni delle lingue moderne, ma è una lingua concreta e immediata; sonora.
L'aramaico è anch'essa una lingua semitica, usata già durante il secondo millennio a.C dalle tribù nomadi della Mesopotamia. Gli ebrei cominciarono ad usare l'aramaico, accanto all'ebraico, al tempo dell'esilio babilonese (576 a.C). Dopo l'esilio, l'aramaico soppiantò l'ebraico, che divenne la lingua ufficiale. Fu la lingua parlata da Gesù. Le sue caratteristiche sono simili a quella ebraica.
Il greco della Bibbia è diverso dal classico. E' il greco parlato e scritto nel bacino del Mediterraneo a partire dal IV sec. a.C Il Nuovo testamento è stato scritto tutto in greco. Nel primo e secondo secolo i libri della Bibbia furono tradotti dall’aramaico e dall’ebraico in greco da 70 studiosi ad Alessandri d’Egitto e poi S. Girolamo nel 383 inizia la traduzione dei testi della bibbia greca in latino. Dal latino poi si è tradotta in Italiano e in tutte le lingue.
Cosa contiene la Bibbia, quali generi letterari sono usati?
Nella Bibbia troviamo resoconti storici per informare, canti di vittoria per suscitare coinvolgimento nell'evento narrato, genealogie per radicare le generazioni nella storia; oracoli per convincere o richiamare a conversione, inni liturgici per esprimere la preghiera del popolo, ecc. troviamo la saggezza del popolo ebreo, il racconto dei momenti storici più importanti della vita, poesie ecc.…...
La rivelazione
Il contenuto della Bibbia è essenzialmente la rivelazione di Dio, cioè quanto Dio ha voluto far conoscere agli uomini parlando e manifestando a essi la sua volontà. Tale rivelazione è avvenuta nel tempo, cercando di adattarsi di volta in volta alle specifiche capacità di comprensione e caratteristiche culturali dell'uomo. La prima forma di rivelazione la troviamo nell'Antico Testamento: si tratta della Creazione, nella quale Dio manifesta tutta la sua potenza e il suo amore; successivamente, Dio si rivela attraversando la storia del popolo ebreo che si vede come "accompagnato" dal Signore in ogni sua vicenda, sia in pace sia in guerra. Infine, Dio si rivela parlando tramite i profeti che si è scelto.
Nel Nuovo testamento la rivelazione di Dio assume i caratteri della pienezza e della delinitività in Gesù Cristo: è Lui infatti che fa conoscere all'umanità il Padre, manifestando il suo progetto di amore e di salvezza per ogni uomo.
La rivelazione ha una origine divina: per questa sua caratteristica, supera per definizione l'umana capacità di comprensione: all'uomo è dunque chiesto di avere fede, poiché il mistero della salvezza è talmente grande da non poter essere racchiuso negli angusti confini della razionalità umana e non va tanto capito, quanto piuttosto accolto e vissuto.
L'interpretazione della Bibbia
La Bibbia - l'abbiamo (già detto - contiene la rivelazione di Dio e testimonia l'intervento di Dio stesso nella storia. Poiché Dio ha ispirato la Sacra Scrittura rispettando gli autori dei singoli libri, occorre leggere oggi la Bibbia tenendo ben conto delle condizioni storico-culturali dell'epoca ìn cui furono redatti ì diversi testi sacri. E' dunque importante conoscere la lingua originale in cui furono scritti i testi, studiare il testo originale, collocandolo all'interno di una corretta prospettiva culturale e storica. Una volta compreso e analizzato il testo, sarà possibile coglierne il significato più specificamente religioso: I'esegesi e proprio questo studio del testo finalizzato alla sua comprensione.
Accanto a questo approccio al testo biblico ne esiste un altro che mira a un significato ancora più profondo: esso si basa sulla interpretazione allegorica della Bibbia, nella convinzione che il testo sacro celì un messaggio e un significato reconditi che non possono essere colti a un primo esame e dunque sfuggirebbero alla semplice esegesi.
Comunque si voglia leggere la Bibbia, occorre sempre tenere presente che, trattandosi di un testo ispirato da Dio, solo lo Spirito Santo può guidare alla piena comprensione e alla corretta interpretazione di quanto contenuto nella Bibbia, senza mai dimenticarsi che la Sacra Scrittura contiene anzitutto un messaggio divino che è pienamente comprensibile solo in un'ottica di fede.




Secondo Incontro di Catechesi degli adulti del 10.11.2014
I Vangeli
Il termine Vangelo (o Evangelo) deriva dal greco “euangelion “ e significa "buona notizia", "lieto annuncio".
Con questa parola si intende indicare la predicazione di Gesù e tutto quanto viene detto su Gesù, sulla sua vita, i suoi insegnamenti, la passione e la morte in croce e infine la resurrezione.
Secondo i cristiani, c'è una bella notizia
1. La predicazione di Gesù (a partire da circa il 30 d.C.) portata da Gesù agli ebrei: principalmente l’annuncio del Regno di Dio, legato alle aspettative messianiche ebraiche data da Dio Padre all’umanità: Gesù stesso
2. La predicazione degli apostoli (circa dal 30 al 60-65 d.C.)data dagli apostoli a tutti gli uomini: l’opera e l’insegnamento di Gesù e soprattutto la sua risurrezione
3. I testi dei Vangeli (circa dal 65 al 100 d.C.)In un secondo momento il termine fu esteso a quei libri che contenevano la bella notizia di o su Gesù: furono detti Evangeli o Vangeli.
Matteo fu simboleggiato nell'uomo alato (o angelo), perché il suo Vangelo inizia con l'elenco degli uomini antenati di Gesù Messia . Di Cafarnao. Il suo nome significa "il dono del Signore"; è un pubblicano (=gruppo di ebrei incaricati dai Romani di riscuotere le tasse; erano disprezzati da tutti). E' uno degli apostoli. Scrive in greco verso il 70 d.C.
Perché scrive: Presenta Gesù come il Figlio di Dio, il Messia atteso dal popolo ebraico.
A chi si rivolge: scrive per gli Ebrei diventati cristiani e spesso fa riferimento all'Antico Testamento che essi conoscevano già bene.
Marco fu simboleggiato nel leone, perché il suo Vangelo comincia con la predicazione di Giovanni Battista nel deserto, dove c'erano anche bestie selvatiche.
è di Gerusalemme. Non è discepolo diretto di Gesù, ma seguì l'apostolo Pietro di cui divenne il segretario. Scrive a Roma verso il 65 d.C. in lingua greca. Probabilmente è il primo ad aver messo per scritto il Vangelo. Perché scrive: vuole mettere in evidenza che Gesù ha manifestato a poco a poco la sua divinità. Nel suo Vangelo non racconta la vita di Gesù, ma ne presenta la personalità.
A chi si rivolge: si rivolge ai pagani di Roma che non avevano mai sentito parlare di Gesù e tanto meno conoscevano la religione degli Ebrei.
Simbolo: il suo Vangelo è rappresentato da un leone, simbolo di forza e coraggio.
Luca fu simboleggiato nel bove, perché il suo Vangelo comincia con la visione di Zaccaria nel tempio, ove si sacrificavano animali come buoi e pecore.
è di Antiochia in Siria. E' un medico, compagno di predicazione di Paolo. Scrive verso l'80 d.C. in greco. E' anche l'autore degli Atti degli apostoli. Perché scrive: rappresenta Gesù come amico dei poveri e Salvatore degli uomini. Il Vangelo che scrive può considerarsi la biografia più vicina a Gesù.
A chi si rivolge: scrive per i pagani di cultura greca.
Simbolo: il suo Vangelo è rappresentato da un toro, che indica il sacrificio di Cristo, il suo amore per gli uomini.
Giovanni fu simboleggiato nell'aquila, l'occhio che fissa il sole, perché il suo Vangelo si apre con la contemplazione di Gesù-Dio: "In principio era il Verbo..." è di Betsaida, è un pescatore. Egli è l'apostolo prediletto da Gesù. Scrive per ultimo verso il 100 d.C. Perché scrive: scrive in modo diverso rispetto a Matteo, Marco e Luca perché vuole presentare Gesù soprattutto come il Figlio di Dio.
A chi si rivolge: si rivolge ai cristiani dell'Asia Minore che hanno raggiunto una fede salda e vogliono mettere in pratica il comandamento di Gesù: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi". Secondo la tradizione Maria, la mamma di Gesù, visse con lui nella comunità di Efeso
Simbolo: questo Vangelo è rappresentato da un'aquila, perché lo sguardo acuto di questo animale è paragonato alla capacità di Giovanni di vedere e leggere dentro l'animo di Gesù.


Primo incontro di Catechesi
(03.11.2014)
CONFERENZA DEL CARDINAL GIACOMO BIFFI
Premessa
Ho accettato l'invito a parlare di Gesù Cristo perché è Lui il cuore, il vertice, la sintesi dell'annuncio evangelico: questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Il Cristianesimo e' una persona: CristoIl Cristianesimo, in sé, non è una concezione della realtà, non è un codice di precetti, non è una liturgia. Non è neppure uno slancio di solidarietà umana, né una proposta di fraternità sociale. Anzi, il Cristianesimo non è neanche una religione. E' un avvenimento, un fatto. Un fatto che si compendia in una persona. Oggi si sente dire che in fondo tutte le religioni si equivalgono perché ognuna ha qualcosa di buono. Probabilmente è anche vero. Ma il Cristianesimo, con questo, non c'entra. Perché il Cristianesimo non è una religione, ma è Cristo. Cioè una persona.
1. Identikit di Cristo
Io ho puntato su di lui la mia vita, l' unica vita che ho: e quindi sento il bisogno ogni tanto di contemplarne il mistero, di rinfrescare l'identikit di Cristo. Molte volte sentiamo parlare di Gesù Cristo, ogni tanto sul giornale c'è qualcuno che fa qualche scoop su di lui, ogni tanto si inventano e danno interpretazioni su chi sia Gesù Cristo, ma gli unici testi che ci parlano di Cristo sono i Vangeli. Perciò o si sta ai Vangeli, oppure si rinuncia a parlare di Lui. Quindi, non dirò neanche una parola che non sia documentabile, a differenza di chi si inventa libri, film e parole.
Che tipo era?
Prima domanda, la più semplice: che tipo era questo Gesù Cristo? Che uomo era? Questo il Vangelo non lo precisa. E devo dire che un po' mi secca, perché ho puntato la mia vita su di lui e non so neppure di che colore fossero i suoi occhi. Era bello o era brutto? Be', secondo me era bello. C'è un episodio dell'undicesimo capitolo del Vangelo di Luca. Gesù sta parlando alla folla. All'improvviso una donna, lanciando un grido di entusiasmo, dice: " Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha nutrito". Ecco, questo è il primo panegirico di Cristo. Ed è fatto in termini molto... corporei. Tant'è vero che poi Gesù le rimprovera di trascurare la parola di Dio per soffermarsi sulla Sua bellezza: "Beati quelli che ascoltano la parola di Dio". Noi però ringraziamo questa donna sconosciuta che ci ha permesso di rispondere alla nostra domanda preliminare: Gesù era davvero un bell'uomo.
I suoi occhi
E aveva anche due splendidi occhi. Lo sguardo di Gesù colpiva chi lo incontrava. I Vangeli, soprattutto quello di Marco, parlano spesso del suo sguardo: penetrante su Simone, che gli viene presentato dal fratello: affettuoso sul giovane ricco, quello che poi se ne va perché lui gli dice di «lasciare tutto e seguirlo; di simpatia su Zaccheo, il capo dei pubblicani, gli esattori delle imposte che rubavano (solo allora, per carità, non voglio dar giudizi…), che lo guardava stando appollaiato su un albero. E, ancora, di tristezza sull'offerta dei ricchi, di sdegno su quel che avveniva nel Tempio, di dolore per chi lo tradisce… Insomma, il suo era uno sguardo che parlava.
Aveva idee chiare
Che faceva capire come Gesù avesse le idee chiare. Molto chiare. Quando parlava non diceva mai "Forse, secondo me, mi pare". E non aveva peli sulla lingua neanche con i potenti: ricordate quando dà della «volpe» al re Erode?
Uomo libero
Ma una delle cose più belle di Gesù è che era un uomo libero. Anche dai suoi amici. Quando san Pietro fa la sua professione di fede (ogni tanto ne azzeccava una anche san Pietro...) Gesù gli fa un panegirico mai dedicato ad un uomo, tanto che san Pietro probabilmente si ringalluzzisce, comincia a pensare in grande. Ma quando Gesù gli annuncia che il suo destino è quello di esser mandato a morte, e Pietro, che già si sente "primo ministro del Regno di Dio", lo prende per un braccio e lo rimprovera, Gesù neanche lo guarda e lo tratta malissimo: "Va' via da me Satana, tu non pensi alle cose di Dio ma alle cose degli uomini". Niente male per un amico no?
Ancor più libero con i parenti
Con i parenti, poi, certe volte era anche peggio. Quando Gesù abbandona la sua casa, a trent'anni, loro lo considerano pazzo. Lo dice il Vangelo di Marco, capitolo terzo: «Uscirono (i suoi parenti) per andare a prenderlo, perché dicevano: "E uscito di sé", è fuori di testa. Poi, quando la gente comincia ad andargli dietro, i parenti cercano di riavvicinarsi a Lui, perché capiscono che in qualche modo sta acquistando potere. E allora chiamano Maria, per cercare di convincere Gesù a tornare da loro. E Lui? Capisce tutto, al volo. E fa finta di non riconoscere nemmeno sua madre.
2. Gesù amava
Ma non crediate che fosse un uomo troppo duro. Gesù amava. Molto. Anzitutto, i bambini. Sapeva capirli, dote che raramente noi adulti abbiamo: in genere, quando parliamo con loro, sappiamo solo chiedere quanti anni abbiano, quale classe frequentino… Roba che a loro non interessa per niente. Lui invece: "Lasciate che vengano a me". Poi, gli amici. Aveva un forte senso dell'amicizia. Per esempio, era molto amico dei suoi discepoli: e, tra questi, era particolarmente legato a Pietro, Giovanni e Giacomo; e, ancora, tra questi soprattutto Giovanni gli era più amico. Insomma, anche lui aveva delle preferenze tra i suoi amici. Come è giusto: gli amici non sono mica tutti uguali. Poi, Gesù amava il suo popolo. Si sentiva pienamente ebreo, israelita. Tanto che il pensiero della distruzione di Gerusalemme lo fece addirittura piangere.
Attenzione ai particolare
i Ma c'è un'altra cosa della personalità di Gesù che mi ha sempre colpito: la sua attenzione ai particolari. Gesù stava molto attento alle piccole cose della vita, anche perché sapeva che poteva farne delle parabole. Pensate a quella, quasi «emiliana», del Regno di Dio che è simile ad una donna di casa che prende un po' di lievito e lo impasta con la farina finché è tutta fermentata. O a quell'altra dell'amico seccatore che deve essere accontentato pur di potersene liberare. Verissimo. Mi ricorda i nove anni in cui sono stato parroco a Legnano: c'era una donna che veniva a trovarmi ogni giorno, lamentandosi del marito. Ma che cosa potevo fare, io? Non potevo mica ammazzarglielo!
Un episodio: una "lucciola"
E ce ne sarebbero tanti altri, di episodi da ricordare. Nel capitolo settimo di Luca si racconta che Gesù è a pranzo da un capo fariseo: a un certo punto viene dentro una di quelle donne che non si sa come chiamarle… Diciamo una "lucciola". Questa
donna si mette vicino a Lui e si comincia a fargli dei complimenti, lo profuma. Era una cosa gravissima,: come se ad un pranzo parrocchiale in cui il parroco di Granarolo invita il sindaco e il maresciallo dei carabinieri una di queste donne entrasse e si mettesse a fargli dei complimenti… eppure Gesù non si scompone. Anzi la difende, quasi con cavalleria.
Una figura umana eccezionale: soltanto questo?
Dal Vangelo, dunque, riconosciamo una figura umana eccezionale. Al punto che quando Ponzio Pilato lo presenta alla gente dice: Ecco l'uomo.
E invece io dico: Ecco il punto. Gesù era solo un uomo? Perché anche la maggior parte delle persone che non credono lo considerano un grande uomo, da stimare. Ma è una posizione insostenibile, se guardiamo a quel che Gesù Cristo stesso dice di sé. Esempi? Si definisce "Figlio dell'uomo", che era il titolo usato nelle profezie di Daniele per indicare un personaggio misterioso, che sarebbe venuto dal cielo e che avrebbe posto fine alla Storia. E con questo Gesù evoca la sua origine celeste e la sua definitività. Poi, dice di essere "più grande di Davide": e Davide era il re ideale, l'ideale della monarchia e della regalità per gli Ebrei.
È più che un uomo
Ma la cosa forse più seria la dice nel Discorso della montagna. "Beati i poveri..." e via dicendo, ricordate? Bé, in quel discorso dice tra l'altro: "Avete udito che è stato detto agli antichi "non uccidere". Io, invece, vi dico...". Pensateci bene: con questa frase Gesù quasi "corregge" la Rivelazione di Dio. E rivendica a sé anche il potere di giudicare l'uomo. E chi può farlo, se non uno che si crede Dio?
E le altre cose che raccomanda? "Chi dà la vita per me la troverà..." . Oh, dare la vita per uno non è mica uno scherzo. Una volta, in una visita pastorale, un bambino mi ha chiesto: «Ma tu saresti disposto a dare la vita per il Signore?». lo ci ho pensato su e gli ho risposto: « Senti, io sarei anche disposto a dare la vita per il Signore. Però mi seccherebbe parecchio". Che era un tentativo di mettere insieme il dovere con la sincerità. E ancora: "Da' da mangiare a tuo fratello perché in lui vedi Me". Se un mazziniano storico dicesse: "Aiutate i fratelli perché in essi dovete vedere Giuseppe Mazzini", direbbe una cosa che non commuoverebbe nessuno, perché un uomo povero vivo è molto più importante di Mazzini morto. Ma, Gesù? Gesù ripaga con la vita eterna. Lo dice anche san Marco, scrivendolo nel suo Vangelo in maniera un po' umoristica: «Chi avrà lasciato il padre e la madre, i campi e la casa per me, avrà il centuplo quaggiù. Con le persecuzioni e la vita eterna». Come dire: prima un po' di botte, va bene. Ma poi, la vita eterna.
3. Gesù e' Dio
Perché il fatto è che Gesù sarà pure stato un grande uomo, un uomo eccezionale. Ma soprattutto è Dio. E' veramente Dio. E' il Figlio di Dio. Non come lo siamo tutti noi come lo sono tutte le creature, come la farfalla della vispa Teresa (anche lei è «figlia di Dio»): lui è il Figlio proprio, l'Unigenito.
Una parabola inverosimile
Negli ultimi giorni di vita Gesù racconta una parabola, una delle più inverosimili nella sua struttura letteraria (a Gesù non interessa raccontare una novella verista, ma trasmettere un messaggio); è la parabola dei vignaiuoli infedeli e omicidi, che occupavano il terreno del padrone senza dargli niente in cambio. Allora il padrone manda alcuni servi a riscuotere. I vignaioli li picchiano. Il padrone ne manda altri: ma i contadini li uccidono. E fin qui, secondo me, è un racconto un po' esagerato: come facevano a pensare di uccidere così la gente e cavarsela senza problemi? Ma a questo punto la parabola diventa addirittura una cosa da matti. Il padrone dice: «Ah, ho un figlio unico, manderò lui, perché avranno timore di mio figlio». Ma chi è quel padre che sapendo di avere in casa dei briganti arrischia il suo unico figlio? E infatti i vignaioli decidono di uccidere anche lui, in modo da ereditare il patrimonio del padrone (chissà in quale codice sta scritto che l'eredità passa agli assassini dell'unico erede!). Insomma, la parabola è tutta sballata. Eppure si è verificata alla lettera: infatti Gesù verrà ucciso fuori della vigna, fuori delle mura di Gerusalemme. Ed è stato il Padre a mandarlo.
Dinanzi a Lui non resta che inginocchiarsi
Mettete insieme tutte queste cose. Ne esce il ritratto di un uomo eccezionale, che dice di essere Dio. Una provocazione! Ma noi dobbiamo raccogliere questa provocazione. Perché se uno si presenta in questo modo, se dice di essere Dio, c'è poco da fare: o questo qui è matto e allora non lo si può stimare, oppure è vero quel che dice. E allora bisogna inginocchiarsi. Non basta mica dire: è un grande uomo.
L 'annuncio degli Apostoli e il nostro annuncio: Gesù è risorto! Gesù e' vivo!
E infatti, che cosa sono andati a dire gli apostoli di lui? Il nucleo del messaggio cristiano qual è? Una parola sola: è risorto. Si è risvegliato dalla morte. Gli apostoli sono andati in giro a dire che Gesù è risorto ed è ancora vivo. Oh, vivo oggi. Quando facevo scuola a Milano, all'istituto di Pastorale, ho fatto una lezione sulla Risurrezione di Cristo. Finita la lezione, una signora si avvicina e fa: "Ma lei vuol proprio dire che Gesù è vivo...?". "Sì, signora: che il suo cuore batte proprio come il suo e il mio". "Ma allora bisogna proprio che vada a casa a dirlo a mio marito". «Brava, signora, provi ad andare a dirlo a suo marito». Il giorno dopo la signora torna da me e mi dice: «Sa, l'ho detto a mio marito». « E lui?». «Mi ha risposto: "Ma va', avrai capito male"». Notate che quella era una catechista. Eppure era sconcertata. Io le faccio avere la registrazione della lezione. Lei la fa sentire a suo marito.
Se è così, cambia tutto
E lui, alla fine, crolla: «Ma se è così, cambia tutto». Pensateci, e ditemi se non è vero; se quell'uomo, bello, buono, eccezionale, è davvero Dio, e se è ancora tra noi, allora cambia davvero tutto.


A partire dai primi racconti orali della comunità, incentrati sui principali fatti della vita di Cristo e sui suoi insegnamenti più importanti, si è giunti gradualmente — ma in un tempo abbastanza rapido, soprattutto se confrontato con i "tempi" dell'Antico Testamento - alla redazione di diversi brevi racconti che sono poi confluiti in quelli che oggi identifichiamo come i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
L’evangelista Luca dice al cap. 1, 1
Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Dei quattro Vangeli, i primi tre sono detti anche "sinottici" un termine che indica che possono essere letti in parallelo , poiché concordano sostanzialmente nella successione e descrizione dei principali fatti e detti della vita di Gesù. Un posto a parte spetta invece al Vangelo di Giovanni, più autonomo rispetto agli altri e dal carattere più marcatamente teologico.
I vangeli apocrifi
Sono vangeli non accettati come autentici dalle Chiese cristiane. Sono una quindicina, attribuiti a Pietro, Giacomo, Tommaso,… Si chiamano «apocrifi», cioè nascosti o segreti perché, essendo comparsi tardi (dopo il 150?), venivano collegati con gli apostoli dicendo che erano stati tramandati segretamente ed erano giunti al proprietario-diffusore per vie «nascoste» o «segrete», oppure perché riferivano dottrine segrete di Gesù.
Non furono mai ritenuti degni di fede e sono giunti a noi frammentari
Nel leggere i Vangeli, per quanto in essi sia narrata la storia di Gesù, non ci si deve mai dimenticare che si tratta di testimonianze di fede e non di relazioni storiche in senso stretto, dunque sono da leggere come ogni altro dei libri della Bibbia anzitutto nell'ottica di fede, non limitandosi a considerare il solo aspetto storico-letterale del testo.
Gli stadi attraverso i qual i vangeli si sono formati:
a) Gesù predica il Regno di Dio e conferma la sua predicazione con opere prodigiose e con la sua risurrezione
b) per testimoniare la risurrezione e per annunciare la salvezza, gli apostoli organizzano la prima predicazione cristiana e ne controllano la diffusione. Nascono così i primi nuclei dei racconti della resurrezione.
c) le persone che hanno creduto agli apostoli vogliono avere maggiori informazioni su Gesù. Si sviluppa così la predicazione che fissa i principali elementi della tradizione su Gesù: opera del Battista, battesimo di Gesù, una giornata a Cafarnao, controversie coi farisei, racconti della passione e della risurrezione,…
d) i fatti e i detti di Gesù vengono messi per iscritto soprattutto ad utilità degli evangelizzatori.
e) i singoli documenti scritti vengono riuniti in racconti più ampi ed organici, secondo le esigenze delle varie comunità che sono quelle di sostenere la vita dei cristiani e di evangelizzare i non credenti
f) Gli evangelisti raccolgono in sintesi organiche e secondo propri criteri redazionali quanto le varie tradizioni anteriori orali e scritte avevano elaborato. La stesura è nata dall’esigenza di conservare integra la tradizione iniziale dato che stavano scomparendo i testimoni oculari.
Che dice oggi la chiesa dei vangeli?
Gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte che erano tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto di altre, o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose vere e sincere”. (Dei Verbum 19)


Carissime coppie di sposi e di fidanzati,
Siamo lieti di annunciarvi che, in occasione dell’Anno della Famiglia indetto da Papa Francesco, abbiamo pensato ad un incontro, studiato espressamente per voi, che si terrà alla sala Parrocchiale sabato 29 Novermbre 2014 alle ore 18,00.
Per l’occasione abbiamo invitato il Dott Peppino Bruschi, psichiatra che molti di voi hanno conosciuto e il Diacono Piero Gatta. Parleremo insieme a loro della famiglia e delle problematiche che le nostre famiglie sono chiamate ad affrontare nella nostra società.
Sapendo che la Chiesa è una madre e che ha cura dei suoi figli nelle varie stagioni del cammino della vita, siamo certi che questo incontro sarà occasione per tutti di crescita e di aiuto per guardare avanti con fiducia e serenità.
Saremo felici se parteciperete numerosi.
Un abbraccio fraterno. Don Mimmo Antonella e Gino